L’uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura, che è “un modo specifico dell’«esistere» e dell’«essere» dell’uomo”, e questi tempi, segnati dalle limitazioni e dalla paura generate dal Covid, possono diventare l’occasione di un approfondimento e di una consapevolezza dei fattori fondamentali dell’esperienza umana. In questo tempo sto leggendo la monumentale biografia di Papa Benedetto, che apre una infinità di squarci sul nostro tempo e sulle nostre responsabilità di fronte al mondo e alla vita. Così, imbattendomi in una citazione dei discorsi di Papa Benedetto ai giovani australiani nel 2008, mi è venuta la curiosità di rileggerli. E non vi dico la sorpresa nell’accorgermi della loro attualità e pertinenza all’ora che stiamo vivendo.
«Cari amici, la vita non è governata dalla sorte, non è casuale. La vostra personale esistenza è stata voluta da Dio, benedetta da lui e ad essa è stato dato uno scopo! La vita non è un semplice succedersi di fatti e di esperienze, per quanto utili molti di tali eventi possano essere. È una ricerca del vero, del bene e del bello. Proprio per tale fine compiamo le nostre scelte, esercitiamo la nostra libertà e in questo, cioè nella verità, nel bene e nel bello, troviamo felicità e gioia. Non lasciatevi ingannare da quanti vedono in voi semplicemente dei consumatori in un mercato di possibilità indifferenziate, dove la scelta in se stessa diviene il bene, la novità si contrabbanda come bellezza, l’esperienza soggettiva soppianta la verità. […] Cari amici, la creazione di Dio è unica ed è buona. Le preoccupazioni per la non violenza, lo sviluppo sostenibile, la giustizia e la pace, la cura del nostro ambiente sono di vitale importanza per l’umanità. Tutto ciò non può però essere compreso a prescindere da una profonda riflessione sull’innata dignità di ogni vita umana dal concepimento fino alla morte naturale, una dignità che è conferita da Dio stesso e perciò inviolabile. Il nostro mondo si è stancato dell’avidità, dello sfruttamento e della divisione, del tedio di falsi idoli e di risposte parziali, e della pena di false promesse. Il nostro cuore e la nostra mente anelano ad una visione della vita dove regni l’amore, dove i doni siano condivisi, dove si edifichi l’unità, dove la libertà trovi il proprio significato nella verità, e dove l’identità sia trovata in una comunione rispettosa. […] Cari giovani, permettetemi di farvi ora una domanda. Che cosa lascerete voi alla prossima generazione? State voi costruendo le vostre esistenze su fondamenta solide, state costruendo qualcosa che durerà? State vivendo le vostre vite in modo da fare spazio allo Spirito in mezzo ad un mondo che vuole dimenticare Dio, o addirittura rigettarlo in nome di un falso concetto di libertà? Come state usando i doni che vi sono stati dati…? Che eredità lascerete ai giovani che verranno? Quale differenza voi farete?»
In questo tempo in cui forse – almeno tra noi – i giovani sono i più penalizzati da questa surreale situazione, la domanda del Papa emerito, così inusuale rivolta ai giovani stessi, rimane un punto fermo: «Che cosa lascerete voi alla prossima generazione?» Non è possibile pensare che il desiderio del cuore sia lasciato in mano a chi propone soluzioni false al bisogno di amore che alberga nel profondo di ogni uomo, a chi in nome dei diritti distrugge l’autentica responsabilità dell’amore. Nella Veglia per la vita nascente molti di coloro che hanno partecipato hanno sostenuto, anche economicamente, lo sforzo di aiutare l’accoglienza della vita per chi si trova in difficoltà. È ora di imparare a realizzare scelte che costruiscono quella civiltà della verità e dell’amore che sola corrisponde al bene di ciascun uomo sulla faccia della terra.
c.s. Don Gabriele Mangiarotti