L’ultima sessione consiliare ha visto l’approvazione della riforma pensionistica e della legge a sostegno delle “donne sole in stato di gravidanza”. Nel primo caso si è fatta una riforma penalizzante per le donne, poiché la nuova quota 103 (da raggiungersi sommando l’età anagrafica e gli anni di versamenti contributivi) è particolarmente ardua da raggiungere per chi affronta studi universitari e per le lavoratrici che hanno una carriera lavorativa frammentata a causa del maggiore lavoro di cura familiare che grava sulle loro spalle. A fronte di un oggettivo aumento di anni per raggiungere la pensione di anzianità viene riconosciuto un misero 0,5 per figlio, fino ad un massimo di 2,25 per tre figli ed oltre. Si è certamente toccate anche dagli altri aspetti (aumento dei contributi, diminuzione della rendita, diminuzione del contributo pubblico), ma è l’innalzamento a quota 103 ad essere per le donne più penalizzante, riversando sulla pensione la conseguenza di una carriera lavorativa che ha - a livello statistico - una minore occupabilità, una maggiore discontinuità contributiva, minori avanzamenti di carriera e retribuzioni mediamente più basse degli uomini. A fronte di una riforma parzialmente sessista nella misura in cui acuisce piuttosto che cercare di colmare il divario tra i generi, abbiamo nel secondo provvedimento una legge che non esitiamo a definire paternalistica. L’attenzione alle “donne sole in stato di gravidanza in situazioni socio-economiche di particolare gravità” arriva solo dopo la legge sull’IVG e al costo di metterle obbligatoriamente sotto la tutela dei servizi sociali chiamati ad essere i certificatori delle difficili condizioni. A fronte di più cospicui aiuti economici, dell’accesso lavorativo facilitato e dell’accesso all’edilizia sovvenzionata, la donna sola - lasciata senza supporto della famiglia di origine - deve essere costantemente monitorata dal Servizio Minori che ne sancisce e certifica l’effettivo disagio. In passato gli aiuti erano legati al reddito ed una donna single con un bambino sotto ad una certa soglia reddituale aveva diritto all’assegno integrativo o alla priorità presso il nido senza diventare un caso sociale e senza essere posta sotto la tutela ed il controllo del Servizio Minori. Un governo a trazione conservatrice ha quindi prodotto una legge paternalistica che affronta discrezionalmente situazioni in cui una maternità può essere difficile e, contemporaneamente, ha approvato una riforma pensionistica che farà lavorare per più anni soprattutto le donne e in cui il valore sociale della maternità viene valutato zero virgola cinque.
Cs Unione Donne Sammarinesi