Logo San Marino RTV

Gerardo Giovagnoli (Psd): "È arrivato il tempo di una intelligence sammarinese?"

27 apr 2024
Gerardo Giovagnoli (Psd): "È arrivato il tempo di una intelligence sammarinese?"

In questi giorni, proprio a poche settimane dall’evento del 7 maggio a Bruxelles, relativo alla consegna del testo dell’Accordo di associazione con l’Unione Europea, molto curiosamente compaiono vari articoli sulla stampa internazionale e italiana. Tutti pongono in dubbio il posizionamento della Repubblica di San Marino sullo scenario internazionale o ci accusano di voler tornare al modello offshore. Per tacitare certe accuse bastano pochi dati di fatto. San Marino è da anni riconosciuto come paese “conforme” da tutte le organizzazioni internazionali che ci osservano e giudicano la nostra trasparenza, talvolta con specifici elogi. Basti ricordare l’OCSE ma soprattutto il Moneyval, il cui Presidente è proprio il sammarinese Nicola Muccioli, Direttore dell’Agenzia di Informazione Finanziaria. Sarebbe parecchio strano ricevere tali, autorevoli, riconoscimenti internazionali nel momento in cui, come qualche giornalista che non ci ha mai apprezzato vorrebbe far credere, San Marino stesse tornando agli anni ’90. Ad ogni modo, l’ingresso nel mercato unico europeo, cuore dell’Accordo di associazione, renderà meno efficaci certe pulsioni tuttora esistenti verso l’Ancien Régime e la San Marino da «black list». Ciò detto, alcune delle critiche a noi indirizzate sono degne d’approfondimento, anche perché provengono da fonti autorevoli. Mi riferisco all’articolo comparso su “The Economist” con il titolo “A weak link”, ossia “un anello debole”. L’anello debole sarebbe San Marino per la sua “amicizia” con la Federazione Russa. Da subito esprimo il mio pensiero netto: la Repubblica ha fatto bene a convergere sulle sanzioni adottate dall’Unione Europea. In caso contrario, le conseguenze sarebbero pesanti e durature. Se San Marino si prestasse davvero come collegamento per interessi finanziari, politici o commerciali di un paese aggressore e bellicoso che non rispetta l’integrità territoriale dei paesi vicini né il diritto internazionale, allora saremmo davvero nei guai. Non applicare le sanzioni sarebbe contro i nostri interessi e significherebbe questo: inimicarsi l’Europa intera e mostrare al mondo che siamo succubi di interessi alieni a noi, ai nostri vicini e a tutto il Continente. Significherebbe violare la massima di Marino Calcigni che occorre «ben vicinare, né dare occasione di doglianza, né ai vicini di sopra né a quelli di sotto». Invece siamo allineati e quindi il problema non è geopolitico. San Marino è sostenitore dello Stato di diritto, della democrazia, del rispetto dei diritti umani, “si uniforma alle norme contenute nelle dichiarazioni internazionali in tema di diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” (Dichiarazione dei diritti e dei principi fondamentali, Legge 59/1974). Quindi, per quanto neutrale, non può supportare regimi antidemocratici, “democrature”, regimi vessatori, aggressivi o nemici dei nostri più vicini amici, quali sono l’Italia e l’Unione Europea. Il problema è che in un ambito siamo davvero un “anello debole”: quello dell’intelligence. Nel pezzo dell’Economist, letto in tutto il mondo, si fa riferimento alle parole di un ex alto ufficiale dell’intelligence italiana. Esse, benché anonime, svelano una cosa: i servizi segreti russi, e in misura minore quelli cinesi, hanno utilizzato San Marino come base logistica, tra l’altro per incontrare agenti e condurre transazioni finanziarie «fuori vista». Sempre nello stesso articolo si citano personaggi opachi, penetrati in Repubblica perfino nella diplomazia sammarinese e tuttora attivi, con provati legami al regime di Putin e ai suoi interessi. Per entrambe le criticità vi sono cause immediate, da affrontare subito. Vi è però una causa profonda di principale importanza: la mancanza di un vero e proprio servizio di intelligence a San Marino. Noi spesso non sappiamo con cognizione di causa con chi abbiamo a che fare ed il sistema di informazioni di cui disponiamo non è adeguato. Essendo stato più volte Presidente di Commissione d’inchiesta consiliare ho riscontrato ripetutamente tale mancanza. In particolare, quando la Commissione ha analizzato gli eventi accaduti in Banca Centrale tra il 2016 ed il 2018. In sintesi, quell’organismo era stato parassitato da un gruppo di persone con a capo un faccendiere, Confuorti, che aveva legami con Banca CIS, e che riusciva, per diversi mesi indisturbato, a dirigere Banca Centrale, favorendo una banca amica e colpendo gli avversari. Con un minimo di servizio d’informazione adeguato ci si sarebbe accorti subito, e non dopo due anni, che il telefono che veniva chiamato dal Direttore di Banca Centrale quando si dovevano prendere decisioni strategiche di vigilanza o di sistema, non era quello del proprio Presidente o del Segretario di Stato alle Finanze, ma quello di Confuorti. Il nostro Stato è molto più aperto di prima, digitalmente interconnesso, contiguo territorialmente e ormai integrato nell’Unione Europea. Per questo è necessario disporre di un apparato di controllo adeguato. È fondamentale per capire chi nominare e chi no in ruoli diplomatici o apicali dello Stato; per capire chi ci chiede di registrare velivoli o imbarcazioni; per capire chi ci frequenta, tramando contro di noi o altri Stati. A proposito d’interconnessione digitale, è noto che una quota crescente di misfatti, di azioni sabotatorie o di spionaggio sono compiute anche a distanza, attraverso la rete internet. In tali casi, quali sono i nostri sistemi di sicurezza? Nei due sensi, intendo: dall’esterno verso l’interno, per esempio attacchi o spionaggio alle infrastrutture digitali pubbliche; oppure all’opposto, cioè attacchi o comunque attività illecite dall’interno verso l’esterno. Credo sia giunto il tempo che la politica si occupi di questi settori critici perché fondamentali e sempre più rilevanti. Per questo dobbiamo agire e farci trovare preparati: perché ne va della nostra sicurezza nazionale e della nostra reputazione internazionale. Fa male essere additati quali fiancheggiatori, ancorché spesso inconsapevoli, di trame esterne criminogene. Quando succede è necessario correre subito ai ripari per proteggere la nostra sicurezza, allontanando immediatamente le persone implicate e creando anticorpi che prevengano questa grave patologia.

c.s. Gerardo Giovagnoli (Psd)






Riproduzione riservata ©