Si avvicina l’estate e per molti genitori che non hanno la fortuna di avere nonni attivi, abili e disponibili, si ripresenta puntuale il problema della gestione dei propri bambini e ragazzi durante l’orario di lavoro. A prima vista, e a chi magari non è coinvolto direttamente nella questione, l’offerta di centri estivi, pubblici e privati, pare vasta ed eterogenea, tale da garantire un’ampia scelta. Purtroppo non è affatto così e i genitori che devono confrontarsi con questa contingenza lo sanno bene. Uno dei problemi principali è che non tutti i plessi abilitati per i centri estivi offrono orari pomeridiani fino alle 18:00. In alcuni plessi con orari estesi, i posti vanno esauriti in poche ore dall’apertura delle iscrizioni. Inoltre, i centri estivi statali coprono solo parzialmente le 13 settimane della pausa estiva, escludendo alcune settimane di agosto e le prime di settembre. Non parliamo dei costi, in particolare per le famiglie numerose. Ad esempio, per una famiglia fortunata che riesca ad iscrivere i propri due figli in un centro estivo pubblico ad orario esteso, la spesa è di 1.440 euro, tra l’altro da pagarsi subito e in unica soluzione. Si parla tanto di calo demografico, di incentivi alle famiglie, ma poi ci si dimentica di intervenire per migliorare e rendere maggiormente accessibili e praticabili i servizi connessi con l’infanzia. Ci chiediamo dunque: 1) non è possibile organizzare i centri estivi pubblici prevedendo più posti per quelli con apertura anche pomeridiana? 2) non si potrebbe prevedere un contributo per sostenere i costi, magari tarato sull’ICEE? La questione dei centri estivi si inserisce in un contesto più ampio. Per esempio, non sarebbe ora di iniziare ad interrogarsi su una revisione del calendario scolastico, magari sull’esempio di altri Paesi virtuosi (Francia, Spagna, Portogallo, Germania) dove le scuole non chiudono totalmente durante l’estate, ma restano aperte a laboratori, corsi alternativi, competenze trasversali, attività anche di tipo ludico, con magari altri periodi durante l’anno, più brevi, di chiusura? In questo modo si potrebbero anche impiegare un maggior numero di insegnanti, magari occupando insegnanti di ruolo volontari o ricorrendo alle graduatorie docenti che durante l’anno scolastico non hanno avuto l’opportunità di lavorare. Le lunghe pause estive rappresentano un problema non solo per i genitori ma soprattutto una minaccia per l’apprendimento. Il summer learning loss è un fenomeno, ben noto a chi si occupa di queste materie, che indica la perdita di competenze acquisite per mesi durante l’anno, soprattutto per le famiglie con minori possibilità, creando disuguaglianze nel livello di apprendimento. Non si potrebbe proporre una sperimentazione di un nuovo calendario scolastico che tenga conto anche di questi fattori e problematiche? In un’epoca in cui la conciliazione tra lavoro e famiglia diventa sempre più cruciale, i centri estivi pubblici devono rappresentare un servizio efficace ed efficiente per le famiglie. Tuttavia, le sfide e le criticità evidenziate pongono l’urgenza di un cambiamento, per costruire un sistema educativo e di supporto che sia realmente inclusivo, accessibile e rispondente alle esigenze della società moderna.
cs Libera – San Marino