Promesse da marinaio, grandi rischi per il Paese
Il progetto di Libera intende tenere ai margini della scena politica quei poteri economici e quelle lobby che hanno determinato la più grave crisi che il Paese ricordi. Approfittando della debolezza, quando non anche della complicità, di una parte del mondo politico, tali poteri hanno depauperato le ricchezze patrimoniali e territoriali della Repubblica e per questo motivo sono stati messi di fronte alle proprie responsabilità e ridimensionati nella loro influenza. Nell’analisi dei bilanci delle banche, il problema che tutti immaginavamo grande, si è manifestato gigantesco e l’unica proposta possibile per poterlo affrontare è rappresentata da un accordo di unità nazionale.
Libera e il progetto di unità nazionale
Libera ha operato difendendo la stabilità di Banca Centrale in un momento in cui è stata sottoposta a pesanti attacchi, sostenendo il progetto di risoluzione di banca Cis e tutelando il Fondo Pensioni, dando vita al Tavolo Istituzionale e sostenendo l’art.21 della legge di bilancio teso a consentire a tutti i soggetti in campo (forze politiche di maggioranza e opposizione, forze sindacali e datoriali) di elaborare congiuntamente le riforme necessarie per risollevare il Paese. Stare tutti dalla stessa parte e lavorare per San Marino, questa la proposta di Libera.
Le ragioni della crisi
Con questo obiettivo Libera ha affrontato il difficile passaggio che ha condotto alla recente crisi di governo: mettendo in discussione un progetto politico sostenuto nel 2016 da una larga maggioranza di elettori nato per realizzare i cambiamenti necessari, ma, dopo due anni, ritrovatosi a gestire problematiche dalla valenza inimmaginabile, vere e proprie voragini createsi negli ultimi 20 anni nel sistema bancario in particolare, mentre l’intero Paese, sicuramente spaventato, manifestava ormai visibilmente la propria contrarietà verso una politica che non riusciva più a proporre soluzioni condivise. La crisi di Adesso.sm è certamente una crisi di fiducia fra le forze politiche che lo componevano, manifestatasi soprattutto nella fase finale della legislatura quando si dovette affrontare l’ennesima crisi bancaria e ci si dovette mettere in difesa delle autonomie istituzionali pur di contrastare i colpi di coda dell’ultimo, speriamo, di quei poteri forti che negli ultimi tre anni sono stati combattuti essendo loro stessi causa del dissesto finanziario in atto.
La ripresa del dialogo
Con questo spirito la sempre più forte collaborazione fra SSD e Civico 10, Res e Mis, altre forze provenienti dall’area socialista e democratica, ha aperto una nuova fase che come primo obiettivo ha fatto ripartire il dialogo con le forze di opposizione. Un dialogo fino ad allora assolutamente compromesso soprattutto per le incapacità delle opposizioni di collaborare sui progetti e di mantenere fede agli impegni assunti. Del resto mai ne hanno dato prova, considerata la modalità assurda con la quale si sono scagliate contro la maggioranza senza mai preoccuparsi che quella aggressività tracimante, stava provocando danni significativi sì alla maggioranza, ma anche allo Stato e alla sua autorevolezza. Altrettanto importante il dialogo con le forze sociali che avevano ampiamente manifestato la loro disponibilità a collaborare, ma solo nel momento in cui le forze politiche avessero trovato un accordo metodologico per affrontare i temi difficili delle riforme. Peccato che non tutte le forze politiche abbiano ancora capito questa necessità e nessuna abbia in animo di fare un passo indietro per mettere al primo posto l’interesse del Paese.
Il governo politico delle opposizioni
La formazione di un governo politico è la dimostrazione chiara che le forze che lo compongono non hanno come primo loro pensiero il bene comune, ma quello di affermare un proprio ruolo di potere.Tutto legittimo? Se fossimo in una fase ordinaria, certamente si. Oggi, no.Di certo la Democrazia Cristiana e Rete hanno vinto le elezioni, possiamo quindi anche capire che queste due forze, nonostante abbiano partecipato passo a passo alla gestione dell’ultima fase della precedente legislatura assumendosi impegni (prontamente disattesi) per un governo finalizzato alla realizzazione delle riforme, motivati dalla nuova forza acquisita con le elezioni abbiano cambiato idea e deciso di formare un governo politico. Grave, molto grave, la formazione di un “governo politico delle opposizioni” che intende imbarcare nell’avventura una lista nata senza identità e appartenente ad un’area politica che spazia dalla sinistra massimalista alla destra più conservatrice.
Il pericolo della restaurazione
La cosa preoccupante è che ciò rappresenta una scelta politica precisa che abbandona l’obiettivo delle riforme strutturali per uscire dalla crisi, per puntare invece con decisione alla rivendicazione del ruolo dei vecchi poteri economici e amministrativi. L’attenzione che la nuova maggioranza sta dando ai temi della giustizia e dell’informazione, ne sono l’esempio più allarmante. Se fosse infatti vera la motivazione per cui è stato l’elettorato a scegliere un governo politico, Dc e Rete sarebbero legittimati a dare vita ad una loro alleanza anche se per loro prudenza, non dichiarata anticipatamente agli elettori. In questo caso nessuno potrebbe sostenere il contrario e Libera stessa non potrebbe che riconoscere la volontà degli elettori e predisporsi per dare una mano nel difficile compito che si prefigura per il nuovo esecutivo.
Ma il segno politico che si sta manifestando è dirompente
Formare un “Governo politico delle opposizioni” ha il solo significato di rimarcare come anche la Dc e Rete, due forze più strutturate e apparentemente pensanti, intendano gestire il Paese con la stessa distruttiva aggressività con cui hanno gestito l’opposizione, pur di ripristinare il ruolo dei vecchi poteri. Ci auguriamo fermamente che questa previsione sia sbagliata.
c.s. Libera