Quando le entrate tributarie diminuiscono e i disoccupati aumentano è facile cadere nello sbaglio di “dire sì” al primo avventore senza preoccuparsi troppo delle intenzioni che lo accompagnano. Succede un po’ come quando a una donna passano gli anni tra piaceri e leggerezze finché un giorno si ritrova zitella: non è molta la fatica che il corteggiatore deve fare per convincerla al matrimonio. Nel nostro caso i corteggiatori sono la famiglia Borletti e il gruppo DEA. Si tratta d’imprenditori col pedigree. Alla Repubblica promettono posti di lavoro, incremento del PIL e milioni di visitatori. C’è un però!
L’assistenza di Stato
È antica consuetudine che la moglie contribuisca alle spese di famiglia con la dote. È ovvio che più la moglie è brutta e vecchia, più la dote bisogna che sia importante. Qual è dunque la dote per convolare a nozze? In primis, la trasformazione da zona a parco a zona edificabile dell’area d’interesse del progetto: con la variante di PRG si rende l’affare buono sia per chi vende, sia per chi compra. L’assistenza di stato però andrebbe oltre. Gli imprenditori avrebbero chiesto: 1) di non pagare imposte sulle plusvalenze dell’operazione immobiliare; 2) la realizzazione di una bretella di collegamento alla superstrada (nonostante il sottopasso all’altezza della concessionaria Reggini e l’altro appena terminato di strada Fondovalle); 3) l’autorizzazione per l’apertura dell’immancabile casa da gioco. Inoltre rimane un dubbio sulla centrale elettrica che ha sede lungo via Fondo Ausa, il cui spostamento – se si rendesse necessario – verrebbe a costare svariati milioni di euro.
La politica del tuttofare
La confusione è molta e le questioni di carattere tecnico-specialistico si confondono con quelle di carattere politico. Le prime dovrebbero essere unicamente di competenza degli urbanisti, degli architetti, degli analisti di mercato, degli advisor. Per esempio: perché consumare altro suolo quando i capannoni continuano a svuotarsi? cos’ha a che fare il lusso con una scarpata tra il Colorificio, l’Ausa e il distributore di benzina (nella cui proprietà - guarda un po’ - figurerebbero anche due gerarchi democristiani)? perché riprodurre in una zona di confine e in maniera artificiosa il centro storico, quando il centro storico lo si ha per davvero (ma mica un centro storico qualunque, un centro storico patrimonio UNESCO e con una delle estensioni pedonali tra le più grandi d’Italia)? perché aprire un centro commerciale di marche famose proprio mentre il Factory Outlet si appresta a chiudere - si badi bene - con 400mila euro di monofase non versata (con buona pace dei commercianti impegnati a strisciare la SMAC anche per pochi spiccioli)? perché separare l’attrazione storica e turistica del Monte dall’attrazione commerciale?
Purtroppo per noi la politica a San Marino ha la presunzione di essere competente di tutto e quindi di poter decidere di tutto. E così, mentre va in scena il concorso delle opinioni, dove a vincere sono la forza e l’arroganza, si perde di vista il ruolo primario della politica: produrre visioni economiche e sociali, determinare le scelte di fondo.
Lo sviluppo occasionale e lo sfruttamento della sovranità
È qui che si manifesta la mia contrarietà più forte. Il concetto di sviluppo che Bene Comune persegue è lo stesso degli ultimi trent’anni, lo «sviluppo occasionale», che troppo spesso ha fatto rima con l’affarismo. Lo sviluppo occasionale basa la sua capacità di attrarre investimenti sullo sfruttamento della sovranità: la sovranità non è altro che l’autodeterminazione; l’autodeterminazione è la facoltà di decidere di sé stessi. Nello sviluppo occasionale a decidere dei sammarinesi non sono i sammarinesi, ma i tanto invocati grandi investitori, che dettano le leggi e modificano i connotati della realtà a proprio piacimento.
Antonella Mularoni e la promessa dei 600 posti di lavoro
Intendo rivolgermi al segretario di stato più schierato: Antonella Mularoni. La mia non è una contrarietà di parte o anti-sviluppista: appoggerei, se ve ne fosse l’occasione, il progetto di riqualificazione urbanistica presentato dall’OSLA.
Mi rivolgo al segretario Mularoni per una ragione precisa: il suo partito, Alleanza Popolare, ha al centro della propria missione politica la moralizzazione. E allora, perché ricalcare - seppur in forma mitigata - lo stesso concetto di sviluppo che ha provocato il dilagare della corruzione, la de-responsabilizzazione sociale, la perdita di conoscenze e abilità lavorative, il ridimensionamento del welfare state, il depauperamento delle risorse pubbliche, il degrado ambientale, il disordine urbanistico, l’esaurimento di interi settori economici?
Bisogna che il segretario Mularoni si affanni di meno a cercare di mantenere le immantenibili promesse e s’interroghi di più su qual è il prezzo per il loro illusorio conseguimento: siamo certi che il Luxury Department Store non ci configuri soltanto come una propaggine commerciale italiana in territorio sammarinese? che non sia la roulette russa su cui si gioca l’impianto commerciale che garantisce reddito a molte famiglie sammarinesi? le promesse degli investitori saranno mantenute oppure l’operazione si concluderà con una gretta speculazione immobiliare? si darà soddisfazione alle giuste aspettative dei giovani in attesa di un lavoro dignitoso, oppure si ripeterà il loro sistemico sfruttamento (che anche il sindacato si interroghi a fondo)?
Non ci può essere alcuno sviluppo economico senza politica estera
Qui si apre una parentesi. Fino a quando San Marino - che non è uno stato-nazione, ma un piccolo stato - non avrà negoziato in maniera risolutiva il proprio ruolo internazionale e i propri spazi di manovra, a essergli precluso sarà proprio lo sviluppo economico: ogni iniziativa che avesse l’ambizione di oltrepassare i ristretti confini, infatti, rischierebbe di ritorcerglisi contro, di trasformarsi in casus belli. Questo insegnano gli epiloghi della piazza finanziaria e di Cassa di Risparmio. Ebbene, non è un problema da poco, perché in questo momento a capo della diplomazia sammarinese vi è il peggior segretario agli affari esteri di sempre, della cui presunta santità non si sa davvero che farsene. A breve ne avremo l’ennesima riprova. Nei prossimi mesi l’UE andrà a emanare una direttiva che istituirà per tutti e 28 gli stati membri un’unica white list secondo standard più severi, in cui San Marino potrebbe non rientrare. Se ciò accadesse, il segretario Valentini avrebbe scambiato l’arma negoziale più importante - la trasparenza - con niente.
Il concetto di sviluppo come linea di confine politico
Per concludere: è proprio sul concetto di sviluppo che passa una delle grandi linee di confine politico. Da una parte i sostenitori del parassitismo economico, dell’escamotage, dei soldi facili, dello sfruttamento della sovranità. Dall’altra, invece, chi vuole farcela col lavoro, con lo studio, la ricerca, l’impegno, la dignità, il riconoscimento del merito, l’innovazione. Lo sviluppo truffaldino, caotico, occasionale contro lo sviluppo armonico, graduale, sostenibile. Io la mia scelta l’ho già presa da tempo.
Luca Lazzari
L’assistenza di Stato
È antica consuetudine che la moglie contribuisca alle spese di famiglia con la dote. È ovvio che più la moglie è brutta e vecchia, più la dote bisogna che sia importante. Qual è dunque la dote per convolare a nozze? In primis, la trasformazione da zona a parco a zona edificabile dell’area d’interesse del progetto: con la variante di PRG si rende l’affare buono sia per chi vende, sia per chi compra. L’assistenza di stato però andrebbe oltre. Gli imprenditori avrebbero chiesto: 1) di non pagare imposte sulle plusvalenze dell’operazione immobiliare; 2) la realizzazione di una bretella di collegamento alla superstrada (nonostante il sottopasso all’altezza della concessionaria Reggini e l’altro appena terminato di strada Fondovalle); 3) l’autorizzazione per l’apertura dell’immancabile casa da gioco. Inoltre rimane un dubbio sulla centrale elettrica che ha sede lungo via Fondo Ausa, il cui spostamento – se si rendesse necessario – verrebbe a costare svariati milioni di euro.
La politica del tuttofare
La confusione è molta e le questioni di carattere tecnico-specialistico si confondono con quelle di carattere politico. Le prime dovrebbero essere unicamente di competenza degli urbanisti, degli architetti, degli analisti di mercato, degli advisor. Per esempio: perché consumare altro suolo quando i capannoni continuano a svuotarsi? cos’ha a che fare il lusso con una scarpata tra il Colorificio, l’Ausa e il distributore di benzina (nella cui proprietà - guarda un po’ - figurerebbero anche due gerarchi democristiani)? perché riprodurre in una zona di confine e in maniera artificiosa il centro storico, quando il centro storico lo si ha per davvero (ma mica un centro storico qualunque, un centro storico patrimonio UNESCO e con una delle estensioni pedonali tra le più grandi d’Italia)? perché aprire un centro commerciale di marche famose proprio mentre il Factory Outlet si appresta a chiudere - si badi bene - con 400mila euro di monofase non versata (con buona pace dei commercianti impegnati a strisciare la SMAC anche per pochi spiccioli)? perché separare l’attrazione storica e turistica del Monte dall’attrazione commerciale?
Purtroppo per noi la politica a San Marino ha la presunzione di essere competente di tutto e quindi di poter decidere di tutto. E così, mentre va in scena il concorso delle opinioni, dove a vincere sono la forza e l’arroganza, si perde di vista il ruolo primario della politica: produrre visioni economiche e sociali, determinare le scelte di fondo.
Lo sviluppo occasionale e lo sfruttamento della sovranità
È qui che si manifesta la mia contrarietà più forte. Il concetto di sviluppo che Bene Comune persegue è lo stesso degli ultimi trent’anni, lo «sviluppo occasionale», che troppo spesso ha fatto rima con l’affarismo. Lo sviluppo occasionale basa la sua capacità di attrarre investimenti sullo sfruttamento della sovranità: la sovranità non è altro che l’autodeterminazione; l’autodeterminazione è la facoltà di decidere di sé stessi. Nello sviluppo occasionale a decidere dei sammarinesi non sono i sammarinesi, ma i tanto invocati grandi investitori, che dettano le leggi e modificano i connotati della realtà a proprio piacimento.
Antonella Mularoni e la promessa dei 600 posti di lavoro
Intendo rivolgermi al segretario di stato più schierato: Antonella Mularoni. La mia non è una contrarietà di parte o anti-sviluppista: appoggerei, se ve ne fosse l’occasione, il progetto di riqualificazione urbanistica presentato dall’OSLA.
Mi rivolgo al segretario Mularoni per una ragione precisa: il suo partito, Alleanza Popolare, ha al centro della propria missione politica la moralizzazione. E allora, perché ricalcare - seppur in forma mitigata - lo stesso concetto di sviluppo che ha provocato il dilagare della corruzione, la de-responsabilizzazione sociale, la perdita di conoscenze e abilità lavorative, il ridimensionamento del welfare state, il depauperamento delle risorse pubbliche, il degrado ambientale, il disordine urbanistico, l’esaurimento di interi settori economici?
Bisogna che il segretario Mularoni si affanni di meno a cercare di mantenere le immantenibili promesse e s’interroghi di più su qual è il prezzo per il loro illusorio conseguimento: siamo certi che il Luxury Department Store non ci configuri soltanto come una propaggine commerciale italiana in territorio sammarinese? che non sia la roulette russa su cui si gioca l’impianto commerciale che garantisce reddito a molte famiglie sammarinesi? le promesse degli investitori saranno mantenute oppure l’operazione si concluderà con una gretta speculazione immobiliare? si darà soddisfazione alle giuste aspettative dei giovani in attesa di un lavoro dignitoso, oppure si ripeterà il loro sistemico sfruttamento (che anche il sindacato si interroghi a fondo)?
Non ci può essere alcuno sviluppo economico senza politica estera
Qui si apre una parentesi. Fino a quando San Marino - che non è uno stato-nazione, ma un piccolo stato - non avrà negoziato in maniera risolutiva il proprio ruolo internazionale e i propri spazi di manovra, a essergli precluso sarà proprio lo sviluppo economico: ogni iniziativa che avesse l’ambizione di oltrepassare i ristretti confini, infatti, rischierebbe di ritorcerglisi contro, di trasformarsi in casus belli. Questo insegnano gli epiloghi della piazza finanziaria e di Cassa di Risparmio. Ebbene, non è un problema da poco, perché in questo momento a capo della diplomazia sammarinese vi è il peggior segretario agli affari esteri di sempre, della cui presunta santità non si sa davvero che farsene. A breve ne avremo l’ennesima riprova. Nei prossimi mesi l’UE andrà a emanare una direttiva che istituirà per tutti e 28 gli stati membri un’unica white list secondo standard più severi, in cui San Marino potrebbe non rientrare. Se ciò accadesse, il segretario Valentini avrebbe scambiato l’arma negoziale più importante - la trasparenza - con niente.
Il concetto di sviluppo come linea di confine politico
Per concludere: è proprio sul concetto di sviluppo che passa una delle grandi linee di confine politico. Da una parte i sostenitori del parassitismo economico, dell’escamotage, dei soldi facili, dello sfruttamento della sovranità. Dall’altra, invece, chi vuole farcela col lavoro, con lo studio, la ricerca, l’impegno, la dignità, il riconoscimento del merito, l’innovazione. Lo sviluppo truffaldino, caotico, occasionale contro lo sviluppo armonico, graduale, sostenibile. Io la mia scelta l’ho già presa da tempo.
Luca Lazzari
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