Nella giornata di lunedì in Consiglio si è discussa in prima lettura la legge “Della libertà e attività sindacale nei luoghi di lavoro, della contrattazione collettiva e del diritto di sciopero".
Abbiamo espresso varie considerazioni sulla norma, sulla quale non abbiamo mai, purtroppo, avuto possibilità di confrontarci col Governo nonostante la portata di una norma che regola in maniera meticolosa e quasi asfissiante un ambito che dovrebbe essere di stretta competenza sindacale.
La legge si prefigge di evitare la duplicazione dei contratti, di limitare la proliferazione di associazioni sindacali, di porre nuove regole sui contributi, ma purtroppo non parla assolutamente dei principi fondamentali che sarebbero necessari per ritrovare il consenso e la partecipazione dei lavoratori ed evitare il consolidamento del potere nei vertici delle associazioni sindacali e datoriali.
Una legge che concederà il monopolio contrattuale a chi da anni lo chiede rischiando di cristallizzare e ingessare la situazione e i livelli di potere fino ad impedire ogni eventuale istanza di cambiamento. Con le percentuali inserite, infatti, la possibilità di stipulare contratti viene riservata alle organizzazioni più numerose ed anche idee e istanze innovative provenienti da organizzazioni più piccole rischiano di restare per sempre derise e non considerate.
A nostro parere, il contratto valido erga omnes deve essere quello che ottiene l'approvazione dei datori di lavoro e dei lavoratori poiché ha i contenuti migliori. Questo lo si può realizzare rendendo il referendum lo strumento principale di approvazione dei contratti regolamentandone, chiaramente, le modalità di svolgimento.
Il testo parla poi del finanziamento ai sindacati che svolgono un ruolo importante e certamente necessitano di un apporto economico. Questo deve però essere libero e non funzionare con l’attuale “silenzio-assenso” (che obbliga i lavoratori ad un iter burocratico inutile per revocarlo). A nostro parere lo Stato deve garantire ai sindacati riconosciuti un contributo minimo in termini di servizi basilari per funzionare (sede, funzionari e contributi per spese postali e comunicazione), esattamente come proponiamo per i partiti; per il resto il finanziamento deve essere assolutamente libero.
E veniamo quindi alla rotazione degli incarichi. Così come proposto per la politica occorre introdurre regole precise e meccanismi di rotazione che permettano il succedersi di nuove persone negli incarichi dirigenziali. Evitando una cristallizzazione e sedimentazione delle stesse persone ai vertici ed anche un periodico rientro al lavoro (con le opportune garanzie) per riprendere il contatto con la realtà lavorativa.
Queste sono le proposte su cui confrontarsi sul testo di legge. Ed aggiungiamo altre criticità che è necessario risolvere: la sburocratizzazione, il maggior potere agli iscritti, l’anomalo uso dei distacchi e della relativa remunerazione. Problemi che il testo di legge attuale non considera concentrandosi, piuttosto, su come eliminare ogni voce che vada potenzialmente ad intaccare l’accordo fra quelli che paiono ormai due centri di potere consolidati.
Abbiamo chiesto di sospendere l'esame del progetto di legge e di avviare un confronto a tutto tondo con la cittadinanza e con le forze politiche, oltre che con quelle sindacali, senza che nessuno faccia la voce grossa sugli altri. Speriamo di essere ascoltati, visto che anche alcune forze di maggioranza hanno fatto la stessa richiesta.
Per ora si tratta di un’altra occasione persa dal Governo. Su un tema meno centrale di altri per lo sviluppo economico del Paese ma sicuramente significativo e di grossa portata.
Servono soluzioni innovative e coraggio per riformare il sistema delle relazioni contrattuali.
Abbiamo espresso varie considerazioni sulla norma, sulla quale non abbiamo mai, purtroppo, avuto possibilità di confrontarci col Governo nonostante la portata di una norma che regola in maniera meticolosa e quasi asfissiante un ambito che dovrebbe essere di stretta competenza sindacale.
La legge si prefigge di evitare la duplicazione dei contratti, di limitare la proliferazione di associazioni sindacali, di porre nuove regole sui contributi, ma purtroppo non parla assolutamente dei principi fondamentali che sarebbero necessari per ritrovare il consenso e la partecipazione dei lavoratori ed evitare il consolidamento del potere nei vertici delle associazioni sindacali e datoriali.
Una legge che concederà il monopolio contrattuale a chi da anni lo chiede rischiando di cristallizzare e ingessare la situazione e i livelli di potere fino ad impedire ogni eventuale istanza di cambiamento. Con le percentuali inserite, infatti, la possibilità di stipulare contratti viene riservata alle organizzazioni più numerose ed anche idee e istanze innovative provenienti da organizzazioni più piccole rischiano di restare per sempre derise e non considerate.
A nostro parere, il contratto valido erga omnes deve essere quello che ottiene l'approvazione dei datori di lavoro e dei lavoratori poiché ha i contenuti migliori. Questo lo si può realizzare rendendo il referendum lo strumento principale di approvazione dei contratti regolamentandone, chiaramente, le modalità di svolgimento.
Il testo parla poi del finanziamento ai sindacati che svolgono un ruolo importante e certamente necessitano di un apporto economico. Questo deve però essere libero e non funzionare con l’attuale “silenzio-assenso” (che obbliga i lavoratori ad un iter burocratico inutile per revocarlo). A nostro parere lo Stato deve garantire ai sindacati riconosciuti un contributo minimo in termini di servizi basilari per funzionare (sede, funzionari e contributi per spese postali e comunicazione), esattamente come proponiamo per i partiti; per il resto il finanziamento deve essere assolutamente libero.
E veniamo quindi alla rotazione degli incarichi. Così come proposto per la politica occorre introdurre regole precise e meccanismi di rotazione che permettano il succedersi di nuove persone negli incarichi dirigenziali. Evitando una cristallizzazione e sedimentazione delle stesse persone ai vertici ed anche un periodico rientro al lavoro (con le opportune garanzie) per riprendere il contatto con la realtà lavorativa.
Queste sono le proposte su cui confrontarsi sul testo di legge. Ed aggiungiamo altre criticità che è necessario risolvere: la sburocratizzazione, il maggior potere agli iscritti, l’anomalo uso dei distacchi e della relativa remunerazione. Problemi che il testo di legge attuale non considera concentrandosi, piuttosto, su come eliminare ogni voce che vada potenzialmente ad intaccare l’accordo fra quelli che paiono ormai due centri di potere consolidati.
Abbiamo chiesto di sospendere l'esame del progetto di legge e di avviare un confronto a tutto tondo con la cittadinanza e con le forze politiche, oltre che con quelle sindacali, senza che nessuno faccia la voce grossa sugli altri. Speriamo di essere ascoltati, visto che anche alcune forze di maggioranza hanno fatto la stessa richiesta.
Per ora si tratta di un’altra occasione persa dal Governo. Su un tema meno centrale di altri per lo sviluppo economico del Paese ma sicuramente significativo e di grossa portata.
Servono soluzioni innovative e coraggio per riformare il sistema delle relazioni contrattuali.
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