“Hanno creduto a chi ci stava derubando”: affermazione forte, da apertura in prima pagina, quella del Segretario Politico di RETE, riferendosi al Governo precedente. Comprendiamo che, di fronte alla inesistenza del progetto politico dell’attuale maggioranza ed alla pressoché totale svendita delle posizioni di RETE rispetto agli alleati, serva un argomento forte per distogliere l’attenzione dal colossale pasticcio che Santi & co stanno compiendo. Ed allora facciamo presenti alcune cose. Che Cassa di Risparmio della Repubblica di San Marino S.p.A. non navigasse in acque floride non è una novità. C’erano da molti anni segnali preoccupanti, come il coinvolgimento della banca in ripetute indagini avviate dalla magistratura italiana (ad esempio, il sequestro del portavalori nel 2008 o l’arresto dei vertici nel 2009) quando l’investimento in Delta iniziò a destare l’attenzione e forse gli interessi di molti. Segnali che si sono acuiti nella legislatura 2012 – 2016, quando, in ripetute sedute segrete del Consiglio Grande e Generale furono fornite informazioni (poche in verità) non incoraggianti sullo stato dei conti, associate a scelte balbettanti sulla definizione di un piano industriale di rilancio, mai ufficialmente presentato né tanto meno approvato dalle autorità di vigilanza di allora. Il più grande istituto di credito si trovava in una profonda impasse gestionale, stretto da un lato dalla politica saldamente incollata alla gestione della banca e dell’altro da due soci di minoranza troppo preoccupati di perdere potere e senza una reale visione sul futuro dell’istituto (in questo Santi potrebbe chiedere lumi a un collega di partito figura apicale in un organo amministrativo dei soci Carisp). Impasse della quale l’opposizione di allora – RETE compresa – chiese ripetutamente conto, senza ricevere mai alcun feedback. Fu un anno strano il 2016, quando il Direttore Generale della banca, protagonista di tutte le vicende sopra descritte, si trovò alle prese con problemi giudiziari legati alla gestione dell’istituto e Rete iniziò ad avere legami particolari con lo stesso Direttore, con cui le frequentazioni erano assidue. Ma mentre tutto questo avveniva e la politica faceva il suo corso, con Banca Centrale decisamente poco presente sul tema, la Banca non migliorava la sua condizione economica; si indeboliva e aumentava anche il tasso di litigiosità fra soci, con i due soci di minoranza impegnati in una battaglia senza esclusione di colpi per fermare ogni processo di chiarificazione del bilancio, disclosure di informazioni, rilancio dell’istituto, sotto una nuova governance, che nel frattempo il nuovo governo aveva cercato di avviare. Ci sono stati degli errori? Sicuramente si. E’ però ardito pensare che in meno di ventiquattro mesi la situazione di CARISP si sia compromessa con le modalità indicate da Santi. Cosa accadeva in quel periodo, quando ex amministratori conducevano una guerra clandestina per sabotare il rilancio dell’istituto, supportando parti dell’allora opposizione? Erano normali le irruzioni di politici in banca, condite di minacce e contumelie, oppure che fatti gestionali interni della banca fossero di dominio pubblico, minando credibilità dell’istituto e fiducia dei risparmiatori? Se c’è una cosa che può mettere in difficoltà una banca è la credibilità verso la clientela e questa è stata – ed è ancora, a giudicare dall’intervista di Santi – messa permanentemente in discussione da certa politica, purtroppo. Capiamo che Santi deve recitare un ruolo, ma gli chiediamo, senza la pretesa di essere capiti, se avere un ruolo di governo non significhi qualcosa di più. Se finalmente una polemica senza fine, con una lotta di potere che ha bruciato miliardi di euro, possa essere arrestata per passare alla fase successiva. Perché, se è fin troppo semplice attaccare il nemico politico, è più complicato chiedere che chi ha provocato questo colossale dissesto bancario, a cui magari si è politicamente vicini, risponda per le proprie azioni: - risponda se ha erogato credito senza adeguate condizioni; - risponda se ha celato la reale condizione della banca; - risponda se ha usato la politica come sponda per gestire una banca con criteri non prudenti e azzardati. Repubblica Futura auspica si arrivi a un definitivo chiarimento, definendo magari, se il Governo lo vorrà, quale deve essere il futuro di Cassa di Risparmio. Infine sulla fantasiosa svendita degli NPL, vorremmo ricordare a RETE che non esiste uno straccio di relazione tecnica che ne comprovi l’esistenza. Vi sono, invece, diverse relazioni, redatte da società diverse, anche di primario standing internazionale, che dicono l’esatto contrario: cioè che non fu una svendita, ma un atto doveroso che si sarebbe dovuto compiere assai prima. Ma questo, evidentemente, avrebbe comportato di dover far emergere le reali situazioni della banca, cosa che il miglior consigliere di Santi non gradiva! Peraltro sulla opportunità della vendita fu chiamata ad esprimersi anche, a suo tempo, la Banca Centrale nella gestione Tomasetti, che, se ritenuta nociva per Cassa e per il Paese, avrebbe certamente potuto bloccare la transazione, cosa che ovviamente non fece. Sempre in buona fede e per il meglio, allora agì anche il CDA di Cassa di Risparmio (non quello “montepaschiano”); ed anche le altre 88 banche co-proprietarie degli NPL oggetto della vendita non avevano proprio la stessa posizione di Santi, avendo ritenuto conveniente una vendita a quelle cifre. Vorremmo ricordare che la vendita degli Npl non ha avuto effetti sul bilancio dello Stato (perché quei crediti erano già valutati al loro valore di vendita e quindi Carisp non ha subito ulteriori perdite di bilancio), ma ha avuto effetti positivi sulla liquidità di Carisp. E vorremmo infine far presente che, se avessimo aspettato ancora a venderli, adesso non varrebbero più nulla, dopo la crisi economica dovuta al Covid, e allora sì che ci sarebbe stata una perdita enorme da coprire. Insomma, non è più tempo di favolette e propaganda, ma di governare seriamente. Meglio allora assumersi le proprie responsabilità, o ammettere di non esserne capaci, per non fare altri danni al Paese. L’unica cosa certamente doverosa è smettere di raccontare favolette ai cittadini!
Repubblica Futura