Il 18 settembre 2015 è stata data piena ufficialità ed operatività all’attività della Commissione Sammarinese per la Disabilità ONU, un organismo di coordinamento specifico in materia di disabilità, al quale sono affidati compiti e funzioni di assoluta rilevanza al fine di garantire la piena attuazione dei principi contenuti nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e nella “Legge quadro 2015 n. 28 per l’assistenza, l’inclusione sociale e i diritti delle persone con disabilità” .
Con l’entrata in vigore di quest’ultima, il nostro Paese ha senza dubbio compiuto un doveroso passo in avanti per contribuire alla creazione di una società più integrata, aperta ed accogliente per tutti.
Tuttavia, coerentemente con il cammino intrapreso e gli impegni conseguenti, le Istituzioni – in primis – oggi non possono in nessun modo permettersi di disattendere le legittime aspettative e aspirazioni delle persone con disabilità sammarinesi e delle loro famiglie, ed è fondamentale quindi, il sostegno convinto e concreto alle iniziative proposte nei loro riguardi consentendo l’adozione e la piena attuazione di misure efficaci.
Vigilare su tale aspetto è ruolo precipuo della Commissione scrivente, che opera in stretto contatto con la Commissione per le Pari Opportunità, con l’Authority Sanitaria e con le Associazioni Sammarinesi che si occupano di persone con disabilità. Infatti, la Commissione si fa garante per la piena attuazione dei principi e dei diritti previsti dalla Convenzione Onu (accessibilità, partecipazione, uguaglianza, occupazione, istruzione e formazione, protezione sociale, salute, azione esterna) che vanno rispettati, non violati e resi possibili grazie a strumenti da mettere in campo che implicano non solo l’utilizzo di risorse finanziarie ma, soprattutto, un grande cambiamento culturale da realizzarsi con un forte impegno formativo e di sensibilizzazione.
Già dall’autunno scorso, la Commissione si è attivata per affrontare la ancora vasta gamma dei problemi che investono il mondo della disabilità (servizi tarati su una legge degli anni ‘70, barriere architettoniche e culturali, provvedimenti disorganici, mancanza di dati e statistiche sulla disabilità ). Il lavoro da fare, quindi, è tanto, tante le cose ancora da predisporre e realizzare .
Al di là dell’enunciazione teorica di ogni diritto, ogni singola persona con una specifica disabilità -intellettiva, relazionale, sensoriale, motoria– deve poter esercitare nei fatti, nella realtà quotidiana, quel diritto.
Il diritto alla cura, per esempio, come altri diritti umani, trova fondamento nella dignità intrinseca ad ogni essere umano. Una dignità caratterizzata dalla universalità (è di ogni essere umano) e dalla radicalità (fa parte della natura umana e non viene meno con il modificarsi delle condizioni di salute o la perdita di funzioni e abilità).
Il Diritto è di tutti, non dobbiamo lasciare indietro nessuno: per questo servono oggi politiche globali e collettive che diano voce e risposte tangibili.
L’auspicio è che questa possa essere la strada per la realizzazione, nel nostro territorio, di buone prassi e politiche che promuovano una maggiore attenzione alle persone con disabilità, che hanno gli stessi bisogni di tutte le soggettività empiriche, perché in realtà non sono “ i diversi”, altro da noi, ma persone che soffrono di alcune limitazioni.
I maggiori problemi da risolvere sono “attorno” a queste persone, sono a livello culturale, sociale e psicologico, i maggiori limiti sono legati all’ambiente costruito che ostacola e non facilita non solo l’inclusone ma la partecipazione stessa alla vita della comunità.
Dobbiamo porci definitivamente alle spalle dunque, il “modello medicalizzante” della disabilità e metabolizzare finalmente il cosiddetto “modello psico-sociale” a cui si ispira la stessa Convenzione.
Riteniamo importante far conoscere questo cambio di paradigma a tutta la popolazione e non solo a chi ha responsabilità di governo: questo potrebbe permettere di superare stereotipi, pregiudizi e barriere psicologiche interne valorizzando il ruolo dei cittadini. I principi enunciati sul piano internazionale si devono tradurre in un miglioramento concreto della vita delle persone con disabilità e la “società per tutti” deve divenire una realtà, ora e adesso. Il lavoro “è di tutti noi”.
Con l’entrata in vigore di quest’ultima, il nostro Paese ha senza dubbio compiuto un doveroso passo in avanti per contribuire alla creazione di una società più integrata, aperta ed accogliente per tutti.
Tuttavia, coerentemente con il cammino intrapreso e gli impegni conseguenti, le Istituzioni – in primis – oggi non possono in nessun modo permettersi di disattendere le legittime aspettative e aspirazioni delle persone con disabilità sammarinesi e delle loro famiglie, ed è fondamentale quindi, il sostegno convinto e concreto alle iniziative proposte nei loro riguardi consentendo l’adozione e la piena attuazione di misure efficaci.
Vigilare su tale aspetto è ruolo precipuo della Commissione scrivente, che opera in stretto contatto con la Commissione per le Pari Opportunità, con l’Authority Sanitaria e con le Associazioni Sammarinesi che si occupano di persone con disabilità. Infatti, la Commissione si fa garante per la piena attuazione dei principi e dei diritti previsti dalla Convenzione Onu (accessibilità, partecipazione, uguaglianza, occupazione, istruzione e formazione, protezione sociale, salute, azione esterna) che vanno rispettati, non violati e resi possibili grazie a strumenti da mettere in campo che implicano non solo l’utilizzo di risorse finanziarie ma, soprattutto, un grande cambiamento culturale da realizzarsi con un forte impegno formativo e di sensibilizzazione.
Già dall’autunno scorso, la Commissione si è attivata per affrontare la ancora vasta gamma dei problemi che investono il mondo della disabilità (servizi tarati su una legge degli anni ‘70, barriere architettoniche e culturali, provvedimenti disorganici, mancanza di dati e statistiche sulla disabilità ). Il lavoro da fare, quindi, è tanto, tante le cose ancora da predisporre e realizzare .
Al di là dell’enunciazione teorica di ogni diritto, ogni singola persona con una specifica disabilità -intellettiva, relazionale, sensoriale, motoria– deve poter esercitare nei fatti, nella realtà quotidiana, quel diritto.
Il diritto alla cura, per esempio, come altri diritti umani, trova fondamento nella dignità intrinseca ad ogni essere umano. Una dignità caratterizzata dalla universalità (è di ogni essere umano) e dalla radicalità (fa parte della natura umana e non viene meno con il modificarsi delle condizioni di salute o la perdita di funzioni e abilità).
Il Diritto è di tutti, non dobbiamo lasciare indietro nessuno: per questo servono oggi politiche globali e collettive che diano voce e risposte tangibili.
L’auspicio è che questa possa essere la strada per la realizzazione, nel nostro territorio, di buone prassi e politiche che promuovano una maggiore attenzione alle persone con disabilità, che hanno gli stessi bisogni di tutte le soggettività empiriche, perché in realtà non sono “ i diversi”, altro da noi, ma persone che soffrono di alcune limitazioni.
I maggiori problemi da risolvere sono “attorno” a queste persone, sono a livello culturale, sociale e psicologico, i maggiori limiti sono legati all’ambiente costruito che ostacola e non facilita non solo l’inclusone ma la partecipazione stessa alla vita della comunità.
Dobbiamo porci definitivamente alle spalle dunque, il “modello medicalizzante” della disabilità e metabolizzare finalmente il cosiddetto “modello psico-sociale” a cui si ispira la stessa Convenzione.
Riteniamo importante far conoscere questo cambio di paradigma a tutta la popolazione e non solo a chi ha responsabilità di governo: questo potrebbe permettere di superare stereotipi, pregiudizi e barriere psicologiche interne valorizzando il ruolo dei cittadini. I principi enunciati sul piano internazionale si devono tradurre in un miglioramento concreto della vita delle persone con disabilità e la “società per tutti” deve divenire una realtà, ora e adesso. Il lavoro “è di tutti noi”.
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