Dovranno rispondere di corruzione i due funzionari pubblici chiamati in causa dalla commissione antimafia che, lo scorso settembre, fece esplodere la bomba in Consiglio Grande e Generale: nella relazione conclusiva infatti, si faceva esplicito riferimento ad una consolidata pratica illecita, con dipendenti pubblici pagati per eludere i controlli nei cantieri di San Marino. La magistratura si è mossa celermente e nel giro di tre mesi ha concluso le indagini: a novembre i due, facenti capo all'ufficio preposto alla sicurezza sul lavoro, erano già stati sospesi dal servizio. Avevano fatto ricorso, poi la richiesta di sospensione è stata reiterata quando, giusto verso Natale, è arrivato il rinvio a giudizio. Il processo si celebrerà entro la prima metà dell'anno: non saranno i soli a comparire in aula, comunque. Assieme a loro, alcuni imprenditori privati, accusati di aver materialmente pagato i funzionari. Tra gli imprenditori figura anche l'avvocato e notaio Livio Bacciocchi, cui facevano capo parecchi cantieri. E' stata la commissione d'inchiesta a scoperchiare l'inquietante realtà della corruzione nella pubblica amministrazione. Nel corso delle oltre 50 audizioni tenute dai commissari, questi ultimi avevano chiesto a qualche imprenditore se avessero pagato esponenti politici, e la risposta era stata disarmante: soldi sì, ma a funzionari pubblici. I compensi venivano elargiti per non eseguire i controlli nei cantieri o per non procedere con l'applicazione delle sanzioni.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
Riproduzione riservata ©