“Diverse persone sono rimaste in chiesa. Quando ci siamo affacciati alle finestre abbiamo visto alcune persone stese a terra, ed un uomo armato aggirarsi nei dintorni. Abbiamo chiuso le porte dall'interno”. Nelle parole di un prete ortodosso, i drammatici momenti dell'attacco alla chiesa di Kizlyar, nella turbolenta Repubblica russa del Daghestan. Un giovane del posto, con un fucile da caccia, ha fatto fuoco su un gruppo di fedeli, che stavano uscendo dopo una funzione. 5 le vittime; tutte donne. Feriti 2 agenti di polizia. L'aggressore – eliminato, dopo la mattanza -, era un “soldato dell'Islam”, ha fatto sapere l'agenzia Amaq, dell'ISIS, che rivendica dunque l'attacco. Da accertare, comunque, i reali legami tra l'attentatore e il gruppo terroristico, ormai ai minimi termini – in Siria – dopo l'intervento, proprio della Russia, a sostegno di Damasco. Da tempo, sul campo, la situazione è decisamente a favore delle Forze Armate siriane e degli alleati. Dimezzata l'estensione dell'ultima grande roccaforte jihadista, quella di Idlib; mentre sarebbe imminente un attacco decisivo alla sacca islamista di est Ghouta. La vera novità, tuttavia, è nel cantone di Afrin, dove prosegue l'offensiva anti-curda di Ankara, supportata da ribelli filo-turchi. Di queste ore la notizia di un accordo tra Damasco, e l'ala locale del PKK, per lo schieramento – nell'area – di truppe governative siriane. Un'intesa che potrebbe spingere la Turchia a porre fine ad un'operazione, aerea e terrestre, durata circa un mese.
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