Che Saad Hariri stesse vivendo una situazione di profondo disagio, lo si era capito dal suo volto, questa mattina, durante la parata militare – in Piazza dei Martiri, a Beirut – in occasione del 74esimo anniversario dell'indipendenza. Indipendenza solo teorica – secondo molti -; vista la fragilità istituzionale libanese e le pressioni di vicini molto potenti. E' il caso dell'Arabia Saudita, accusata da Hezbollah di avere “tenuto in ostaggio” il Premier, e averlo costretto alle dimissioni, lo scorso 4 novembre, per destabilizzare il Paese, in funzione anti-iraniana. La voce, a cui aveva dato credito lo stesso Presidente della Repubblica, era stata smentita da Hariri, che sabato si era recato a Parigi, su invito di Macron. Oggi la clamorosa marcia indietro del Presidente del Consiglio libanese; che prima ha confermato le dimissioni – durante un discorso in diretta TV -, poi le ha “sospese”. “Aoun – ha detto Hariri – mi ha invitato a prendere tempo. Ho risposto a questo auspicio, con la speranza che si arrivi a un dialogo e che si risolvano i problemi del paese”. Dichiarazioni che vanno interpretate, come spesso accade nelle vicende mediorientali. Una delle ipotesi è che l'obiettivo di Hariri – forse su “imbeccata” dei sauditi - sia la formazione di un nuovo Esecutivo, con l'esclusione – o un forte ridimensionamento – di Hebollah. Una situazione che non disinnescherebbe certo la crisi, ma al contrario la renderebbe probabilmente ancor più esplosiva. Tutto ciò con le truppe libanesi in stato di allerta, ai confini con Israele.
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