C'è un giro vorticoso di società chiamate in causa per la creazione di fondi 'neri' e tanti foglietti su operazioni di versamento di migliaia di euro in banche mezza Europa nelle carte della procura della Repubblica di Venezia per l'inchiesta Mose. Società, a dare credito alle dichiarazioni fatte da alcuni imputati, che attraverso un giro di false fatturazioni permettevano l'accantonamento di denaro. Emblematici a tale proposito, gli interrogatori resi da Nicolò Buson, allora responsabile finanziario della Mantovani guidata da Piergiorgio Baita, facendo riferimento a uomini di fiducia della stesso Baita. "Le somme che venivano corrisposte ai politici locali - dice a verbale il 10 aprile dello scorso anno - erano frutto di sovrafatturazioni provenienti dalle società riconducibili al Marazzi e al Voltazza, di rientri di false fatturazioni fatte al Colombelli a San Marino e infine dei guadagni, depositati in conti svizzeri, provenienti dalla intermediazione e vendita nei servizi di trasporto e fornitura dei sassi di annegamento". Poi le società create da lui e Baita per il trasporto e l'acquisto dei sassi dalla Croazia e il giro di conti in mezza Europa. Buson indica l'aggio, attorno al 20%, che si pagava per quelle operazioni che producevano fondi per qualche milione. Sulle false fatturazioni, Mirco Voltazza dice di aver visto una volta, nel 2012, sul telefonino di Baita "il numero di un conto svizzero su cui doveva essere trasferita una partita di circa 500mila euro, frutto delle false fatturazioni del Marazzi". In una perquisizione in casa Baita, utile per incrociare i dati emersi dalle indagini e per i successivi interrogatori, vengono trovati all'interno dell'auto aziendale da lui utilizzata dei foglietti manoscritti, all'interno di una cartellina verde, riportanti riferimenti ad operazioni e al versamento in Svizzera di fondi 'neri'.
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