Così la Cassazione mette la parola fine all'indagine sulla morte di Marco Pantani. Il verdetto della Suprema Corte ha di fatto ritenuto inammissibili i ricorsi presentati dai genitori del ciclista romagnolo, da sempre sostenitori della tesi dell'omicidio volontario compiuto da ignoti. Ferdinando e Tonina Pantani si erano opposti al decreto del gip di Rimini del 24 giugno 2016, che aveva disposto l’archiviazione per “infondatezza” del loro esposto presentato il 24 luglio 2014, in cui si chiedeva la riapertura delle indagini. Secondo la Cassazione, tuttavia, gli indizi a disposizione della Procura riminese e valutati nel loro complesso hanno portato “legittimamente” alla conclusione che Pantani – si legge nella sentenza - "si trovava da solo nella stanza" del residence 'Le Rose' di Rimini, il 14 febbraio 2004 e che "era impossibile per terzi accedervi".
Le motivazioni su cui si basa il terzo grado di giudizio, emesso lo scorso 19 settembre, chiudono definitivamente anche l’ultimo capitolo della storia del Pirata, confermandone la morte per “accidentale, eccessiva, ingestione volontaria di cocaina precedentemente acquistata".
Le motivazioni su cui si basa il terzo grado di giudizio, emesso lo scorso 19 settembre, chiudono definitivamente anche l’ultimo capitolo della storia del Pirata, confermandone la morte per “accidentale, eccessiva, ingestione volontaria di cocaina precedentemente acquistata".
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