Nell'aula bunker di Palermo il processo Stato-mafia, per appurare eventuali e stimate collusioni tra le istituzioni e "Cosa Nostra". Tutti d'accordo sul rinvio per interloquire sulle nuove richieste di costituzione di parte civile oggi presentate: la corte d'assise ha indicato la data di venerdì 31 maggio.
Tra le richieste di costituirsi a parte civile la Regione Toscana, il Comune di Firenze, l'Associazione Vittime dei Goergofilli e altre associazioni antimafia toscane. Anche associazioni trasversali, come quella dei Giuristi Democratici. Ma anche uomini, come Salvatore Borsellino, i familiari di Salvo Lima (assassinato nel '92). Tutti contro Nicola Manino, unico imputato riguardo al quale l'amministrazione non era stata ammessa dal Gup.
Dieci imputati in tutto tra mafiosi, politici, ufficiali dell'Arma. Secondo l'accusa concordarono una strategia di distensione per uscire dal periodo stragista dei primi anni Novanta.
Alla sbarra i capimafia Totò Riina, Antonino Cinà, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca; il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Massimo Ciancimino, gli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, l'ex senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che ha dichiarato: "Non posso stare in uno stesso processo con la mafia" - ha detto stizzito.
Tranne che per l'ex presidente del Senato, accusato di falsa testimonianza, e per Massimo Ciancimino, teste dell'accusa accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia, gli altri imputati sono chiamati a rispondere di violenza o minaccia al corpo politico dello Stato, con l'aggravante d'aver favorito Cosa nostra.
Ha scelto invece il rito abbreviato un altro imputato eccellente: l'ex ministro democristiano Calogero Mannino.
Dal processo è stata stralciata invece la posizione di Provenzano, il quale è stato ritenuto incapace di intendere e di seguire coscientemente il processo. La sua posizione pende ancora davanti al gup.
A sostenere l'accusa saranno il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Tra i 178 testimoni citati dalla Procura, ci sono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente del Senato Piero Grasso.
Tra le richieste di costituirsi a parte civile la Regione Toscana, il Comune di Firenze, l'Associazione Vittime dei Goergofilli e altre associazioni antimafia toscane. Anche associazioni trasversali, come quella dei Giuristi Democratici. Ma anche uomini, come Salvatore Borsellino, i familiari di Salvo Lima (assassinato nel '92). Tutti contro Nicola Manino, unico imputato riguardo al quale l'amministrazione non era stata ammessa dal Gup.
Dieci imputati in tutto tra mafiosi, politici, ufficiali dell'Arma. Secondo l'accusa concordarono una strategia di distensione per uscire dal periodo stragista dei primi anni Novanta.
Alla sbarra i capimafia Totò Riina, Antonino Cinà, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca; il figlio dell'ex sindaco mafioso di Palermo Massimo Ciancimino, gli ex ufficiali del Ros dei Carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, l'ex senatore del Pdl Marcello Dell'Utri e l'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, che ha dichiarato: "Non posso stare in uno stesso processo con la mafia" - ha detto stizzito.
Tranne che per l'ex presidente del Senato, accusato di falsa testimonianza, e per Massimo Ciancimino, teste dell'accusa accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e calunnia, gli altri imputati sono chiamati a rispondere di violenza o minaccia al corpo politico dello Stato, con l'aggravante d'aver favorito Cosa nostra.
Ha scelto invece il rito abbreviato un altro imputato eccellente: l'ex ministro democristiano Calogero Mannino.
Dal processo è stata stralciata invece la posizione di Provenzano, il quale è stato ritenuto incapace di intendere e di seguire coscientemente il processo. La sua posizione pende ancora davanti al gup.
A sostenere l'accusa saranno il procuratore aggiunto Vittorio Teresi e i pm Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.
Tra i 178 testimoni citati dalla Procura, ci sono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente del Senato Piero Grasso.
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