Franco Zeffirelli, all'anagrafe Gian Franco Corsi Zeffirelli, è morto stamani nella sua casa di Roma, sull'Appia Antica, assistito dai figli adottivi Pippo e Luciano, da un medico e dal parroco della chiesa di San Tarcisio che ha benedetto la salma. Circa una settimana fa, secondo quanto si apprende dalla famiglia, aveva ricevuto l'estrema unzione. "Si è spento serenamente - riferiscono i familiari - dopo una lunga malattia, peggiorata negli ultimi mesi". Il maestro Zeffirelli, dopo i funerali di cui stabilire ancora luogo e data, riposerà nel cimitero monumentale delle Porte Sante di Firenze, città dove era nato il 12 febbraio 1923. La camera ardente sarà allestita in Campidoglio a Roma.
È stato l'unico regista italiano che poteva fregiarsi del titolo di cavaliere dell'ordine dell'impero britannico (KBE) da quando l'ambita onorificenza gli fu appuntata nel novembre del 2004. Si faceva volentieri chiamare Maestro e certamente, da fiorentino purosangue, amava pensarsi come il rigoglioso frutto di una bottega che ebbe in Luchino Visconti il primo maestro. Polemico, feroce nei giudizi, scoperto nelle fragilità personali, orgogliosamente fazioso, dalla politica allo sport, Zeffirelli si ritenne a lungo uno straniero in Italia.
Lo hanno descritto come un calligrafo, un esteta, uno scenografo vestito da regista. L'onestà vuole che si ricordi il suo vibrante documentario sull'alluvione di Firenze (1966) con la voce narrante proprio di Burton per una coppia di successi planetari come 'La bisbetica domata' (che nel '67 riuni' Richard Burton e Liz Taylor) e 'Romeo e Giulietta' (1968). Rari i titoli nella sua filmografia capaci di capaci di fare storia nella sua maturità, ma si ricorda 'Il giovane Toscanini' (contestato a Venezia nel 1988) e un modernissimo 'Amleto' (1990) con Mel Gibson. Non era certo uno sperimentatore nel cinema e appena possibile si rifugiava nel teatro, dimostrandosi insuperabile custode dell'allestimento classico per l'opera lirica.
Da qualche anno si era rinchiuso in un distaccato silenzio, circondato dall'affetto di pochi amici e dei figli adottivi nella bella casa romana e nella villa sulla costiera amalfitana. È riuscito a vedere però l'ultimo suo capolavoro, tenacemente voluto: quella Fondazione per le Arti e lo Spettacolo che porta il suo nome ed ha trovato casa nell'ex Tribunale di Piazza Firenze, dietro Palazzo Vecchio, per ospitare i tesori della sua vita artistica.
Ha sempre sognato uno spettacolo al servizio di grandi interpreti, di grandi spazi, di lussuose confezioni. Ha immaginato una cultura italiana ancora rinascimentale, intrisa di gusto antico e di eleganti riferimenti al passato. Ha voluto un'Italia dell'arte e del bello capace di conquistare ancora il mondo, e più di una volta le ha dato vita coi suoi lavori, pagando però il prezzo dell'isolamento e di un 'passatismo' scambiato spesso per arroganza aristocratica. Giovane bellissimo, poi dandy raffinato ed elegante, infine gentiluomo solitario, Zeffirelli resta l'isolato cantore di una civiltà ormai scomparsa.