Scenografia essenziale, movimenti ridotti al minimo. Al centro del palco lui, Ascanio Celestini. E la sua voce, dal ritmo serrato. La quarta serata del festival della cittadinanza democratica accoglie “Fabbrica”, spettacolo dal forte impatto emotivo che prende spunto dal dialogo ideale di un uomo con la propria madre. Per 50 anni quest’uomo le scrive una lettera al giorno. Ne salta solo uno. E anni dopo riempie quel vuoto - penna alla mano - raccontandole il giorno in cui per la prima volta entrò in fabbrica. Nasce così una storia industriale, fra cronaca e fantasia. Sullo sfondo di un’epoca che parte dalla fine degli anni 40, guardando indietro nelle esperienze del padre e del nonno - quando gli operai erano “uomini d’acciaio”, che contavano - fino ai giorni nostri, dove i lavoratori sono senza identità, inutili pedine stritolate dai meccanismi contemporanei di una fabbrica senz’anima. Il monologo non è un genere facile, appartiene ad un pubblico di nicchia, ma si sta ritagliando uno spazio sempre più importante nel panorama teatrale. Invita a riflettere. E Ascanio Celestini, grande affabulatore, fa viaggiare il pubblico fra passato e presente, usando la fabbrica e la figura dell’operaio per raccontare l’alienazione dell’individuo.
Monica Fabbri
Monica Fabbri
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