Fino al 14 febbraio il Palazzo delle Esposizioni di Roma ospita la mostra “Impressionisti e Moderni. Capolavori dalla Phillips Collection di Washington”.
Una storia americana, quella di Duncan Phillips, che vendette la florida azienda di famiglia per intraprendere la strada del mecenatismo, dando vita al primo museo americano di arte moderna.
La collezione di Washington è apprezzata in tutto il mondo, e nell'imminenza dei suoi 100 anni è stata organizzata una mostra itinerante: 62 opere sono arrivate a Roma, quelle dei maggiori maestri moderni, per dimostrare ciò che Duncan Phillips ha sempre sostenuto, ossia “che l'arte è un linguaggio universale”, destinato ad essere condiviso dal pubblico di tutto il mondo.
Dall'inizio del XIX secolo, da Goya a Ingres, da Delacroix a Courbet e Manet, ai maestri dell'impressionismo francese, che non hanno prediletto solo il colore, ma hanno ridato importanza alla costruzione spaziale, come Cézanne e Degas, con le sue “Ballerine”, che apre la porta al post impressionismo, fino a un Van Gogh consapevole della sua morte imminente, a Picasso, artista in verità poco amato da Duncan Phillips perché assai poco conformista, in continua evoluzione, basti confrontare la sua “Camera blu” del 1901 con la natura morta di Braque, chiaramente ispirata al periodo cubista. E ancora, un posto d'onore spetta ai maestri che hanno plasmato la visione artistica del Novecento, come Kandinskij, Matisse, Modigliani, accanto agli americani Arthur Dove e Georgia O'Keeffe.
Epoche e nazionalità diverse, stili del tutto difformi tra loro, per un'unica grande esperienza emozionale, come solo l'arte sa dare: è il concetto stesso di arte astratta, che non da' più informazioni perfettamente elaborate né comprensione totale, ma trasmette emozioni, aperte ad ogni tipo di interpretazione.
Francesca Biliotti
Una storia americana, quella di Duncan Phillips, che vendette la florida azienda di famiglia per intraprendere la strada del mecenatismo, dando vita al primo museo americano di arte moderna.
La collezione di Washington è apprezzata in tutto il mondo, e nell'imminenza dei suoi 100 anni è stata organizzata una mostra itinerante: 62 opere sono arrivate a Roma, quelle dei maggiori maestri moderni, per dimostrare ciò che Duncan Phillips ha sempre sostenuto, ossia “che l'arte è un linguaggio universale”, destinato ad essere condiviso dal pubblico di tutto il mondo.
Dall'inizio del XIX secolo, da Goya a Ingres, da Delacroix a Courbet e Manet, ai maestri dell'impressionismo francese, che non hanno prediletto solo il colore, ma hanno ridato importanza alla costruzione spaziale, come Cézanne e Degas, con le sue “Ballerine”, che apre la porta al post impressionismo, fino a un Van Gogh consapevole della sua morte imminente, a Picasso, artista in verità poco amato da Duncan Phillips perché assai poco conformista, in continua evoluzione, basti confrontare la sua “Camera blu” del 1901 con la natura morta di Braque, chiaramente ispirata al periodo cubista. E ancora, un posto d'onore spetta ai maestri che hanno plasmato la visione artistica del Novecento, come Kandinskij, Matisse, Modigliani, accanto agli americani Arthur Dove e Georgia O'Keeffe.
Epoche e nazionalità diverse, stili del tutto difformi tra loro, per un'unica grande esperienza emozionale, come solo l'arte sa dare: è il concetto stesso di arte astratta, che non da' più informazioni perfettamente elaborate né comprensione totale, ma trasmette emozioni, aperte ad ogni tipo di interpretazione.
Francesca Biliotti
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