Il Festival di Sanremo non è qualcosa che possa lasciare indifferenti. Non lo fa quando lo si guarda da casa, comodamente seduti in poltrona: figurarsi quando lo si vive in prima persona, correndo dentro e fuori dalla Sala Stampa Lucio Dalla, alla ricerca di un’intervista, di una battuta o di una semplice foto da poter pubblicare sul proprio sito. E’ un tornado, un uragano che lascia frastornati, un mosaico di sensazioni ed emozioni che colpiscono come flashes e lasciano il segno, un insieme di stimoli musicali pronti a deliziare le orecchie o a tormentarle, secondo i casi. Una specie di Disneyland per tutti quelli che vivono la musica, che sia per professione o per diletto come me.
E, poi, un bel giorno succede che un’emittente a livello nazionale, San Marino RTV, ti promuove a propria inviata al Festival, per una “striscia” quotidiana di un minuto da trasmettere nel telegiornale della sera. Ecco, quel misto di gratitudine, orgoglio, passione che si prova in una situazione come questa auguro a tutti di provarlo, almeno una volta nella vita. Per me è stato un impegno da rispettare con precisione, ma soprattutto da portare avanti con entusiasmo, preparandomi per riuscire a concentrare in un minuto tutto quello che avrei voluto trasmettere ai telespettatori, e poi riascoltandomi il giorno seguente, per capire se fosse possibile migliorare o aggiungere qualcosa. L’idea delle persone sedute davanti agli apparecchi televisivi, in attento ascolto delle mie corrispondenze da Sanremo, mi ha trasmesso un senso di euforia, ma anche e soprattutto di responsabilità: quella non solo di dare i principali aggiornamenti, ma anche di far percepire il senso di attesa e di festa nel quale eravamo immersi, creando un ponte ideale fra Sanremo e San Marino.
Non potevo, però, dimenticare che il ruolo che ricoprivo a Sanremo era pur sempre quello della Presidente di OGAE Italy, il fan club italiano dell’Eurovision Song Contest, e che il motivo principale per il quale mi trovavo lì, oltre a tenere aggiornato il nostro sito, era quello di scoprire il nome del nostro rappresentante a Tel Aviv. Chi avrebbe vinto il festival? La malinconia di Ultimo, il belcanto del Volo, la grinta di Loredana Berté? E soprattutto, chiunque fosse stato, avrebbe accettato di volare con noi a Tel Aviv, o si sarebbe reso necessario designare un altro concorrente?
Mahmood è stato, fin dal primo ascolto, fra i miei preferiti. La sua vittoria mi ha trovata del tutto concorde, e la sua decisione di rappresentare l’Italia in Israele mi ha resa orgogliosa. Portiamo con noi un validissimo autore e performer, con una canzone moderna e di sicura presa, che sta già facendo ballare l’Europa. Non avremmo potuto chiedere di meglio!
Quanto alle polemiche… Meglio ridere per non piangere. Mahmood è italiano, di Milano, e di madre sarda. Ma, del resto, conta qualcosa? Non siamo forse in un’Europa sempre più globalizzata, e l’Eurovision Song Contest non dovrebbe esprimere valori universali, e mettere l’accento sulla persona piuttosto che sulle origini o sul luogo di nascita o residenza?
Ecco, proprio pensando a questo mi è venuto da fare un parallelo con Serhat.
Serhat, il “turco sammarinese”. Proprio lui, quello che ha stupito tutti con la sua partecipazione di tre anni fa, e che quest’anno torna a rappresentare il Titano proprio a Tel Aviv. “Che cosa ci fa, un turco, a rappresentare San Marino?” si sono chiesti in tanti, quasi fosse il primo a rappresentare un Paese del quale non aveva la nascita ne’ la cittadinanza. Come se, trattandosi di uno Stato piccolo come San Marino, lo stupore fosse amplificato, piuttosto che diminuito: in positivo e in negativo.
Ricordo benissimo quel giorno di tre anni fa nel quale ci affrettammo, così gentilmente invitati dalla TV Sammarinese, per assistere alla conferenza stampa di presentazione di Serhat come rappresentante eurovisivo. Oltre alla bellissima accoglienza che ricevemmo, fui subito colpita da quel viso pacato, da quel sorriso quasi sfumato e da quegli occhi che rivelavano una delle persone più belle che io abbia avuto la fortuna di conoscere. Perché Serhat è così: semplicemente pieno di amore per il mondo.
E’ praticamente impossibile vederlo accigliato: il suo marchio di fabbrica è quel suo viso aperto, il sincero interesse verso chiunque incontri, l’empatia che sa creare in pochi minuti. Non è solo un grande artista, ma anche una grande persona, e il ricordo che ho della conferenza stampa e dell’intervista che gli feci subito dopo è uno dei migliori momenti eurovisivi che io mi porti dietro. Concludere la mattinata con un pranzo insieme a lui e tutto lo staff ci sembrò la cosa più naturale di questo mondo, tanta era la corrente di simpatia che si era già creata.
Un bellissimo rapporto che è continuato a Stoccolma, durante la partecipazione di Serhat all’Eurovision Song Contest 2016, dove il suo talento e il suo carisma gli hanno permesso di navigare sereno su certe critiche ricevute e sul mancato passaggio in finale, diventando il beniamino degli eurofans, che si sono letteralmente innamorati di lui. Per questo l’annuncio della sua nuova partecipazione è stato accolto con entusiasmo: Serhat è ormai un’icona per i fans eurovisivi!
La sua “I didn’t know” la ricordano tutti, ma i più attenti non mancano di menzionare anche la versione italiana, “Non ero io”, con un testo di Mariella Nava tanto ben scritto da sembrare addirittura nato insieme alla canzone. Non è sfuggito agli appassionati neppure “Total disguise”, il suo duetto con Helena Paparizou, la vincitrice del 2005. Della canzone che presenterà a Tel Aviv non sappiamo ancora molto, ma è certo che il testo verterà sul tema dell’amicizia: esiste forse un argomento più eurovisivo? Ed esiste forse un rappresentante migliore di Serhat per comunicarlo al pubblico? Serhat, con la sua serenità e la sua apertura, è un vero e proprio ponte fra la Turchia, San Marino e il resto dell’Europa. L’amicizia non ha nazionalità, non ha lingua, genere, colore della pelle, stato sociale: l’amicizia è solo amicizia, ed è in questo spirito che tutti i Paesi dovrebbero prendere parte all’Eurovision Song Contest.
Inutile dirvi che siamo impazienti di ascoltare la canzone, ma, soprattutto, siamo impazienti di rivedere Serhat e di festeggiare di nuovo, insieme a lui e agli amici di San Marino, la più bella ricorrenza dell’anno: l’Eurovision Song Contest!
Cristina Giuntini
E, poi, un bel giorno succede che un’emittente a livello nazionale, San Marino RTV, ti promuove a propria inviata al Festival, per una “striscia” quotidiana di un minuto da trasmettere nel telegiornale della sera. Ecco, quel misto di gratitudine, orgoglio, passione che si prova in una situazione come questa auguro a tutti di provarlo, almeno una volta nella vita. Per me è stato un impegno da rispettare con precisione, ma soprattutto da portare avanti con entusiasmo, preparandomi per riuscire a concentrare in un minuto tutto quello che avrei voluto trasmettere ai telespettatori, e poi riascoltandomi il giorno seguente, per capire se fosse possibile migliorare o aggiungere qualcosa. L’idea delle persone sedute davanti agli apparecchi televisivi, in attento ascolto delle mie corrispondenze da Sanremo, mi ha trasmesso un senso di euforia, ma anche e soprattutto di responsabilità: quella non solo di dare i principali aggiornamenti, ma anche di far percepire il senso di attesa e di festa nel quale eravamo immersi, creando un ponte ideale fra Sanremo e San Marino.
Non potevo, però, dimenticare che il ruolo che ricoprivo a Sanremo era pur sempre quello della Presidente di OGAE Italy, il fan club italiano dell’Eurovision Song Contest, e che il motivo principale per il quale mi trovavo lì, oltre a tenere aggiornato il nostro sito, era quello di scoprire il nome del nostro rappresentante a Tel Aviv. Chi avrebbe vinto il festival? La malinconia di Ultimo, il belcanto del Volo, la grinta di Loredana Berté? E soprattutto, chiunque fosse stato, avrebbe accettato di volare con noi a Tel Aviv, o si sarebbe reso necessario designare un altro concorrente?
Mahmood è stato, fin dal primo ascolto, fra i miei preferiti. La sua vittoria mi ha trovata del tutto concorde, e la sua decisione di rappresentare l’Italia in Israele mi ha resa orgogliosa. Portiamo con noi un validissimo autore e performer, con una canzone moderna e di sicura presa, che sta già facendo ballare l’Europa. Non avremmo potuto chiedere di meglio!
Quanto alle polemiche… Meglio ridere per non piangere. Mahmood è italiano, di Milano, e di madre sarda. Ma, del resto, conta qualcosa? Non siamo forse in un’Europa sempre più globalizzata, e l’Eurovision Song Contest non dovrebbe esprimere valori universali, e mettere l’accento sulla persona piuttosto che sulle origini o sul luogo di nascita o residenza?
Ecco, proprio pensando a questo mi è venuto da fare un parallelo con Serhat.
Serhat, il “turco sammarinese”. Proprio lui, quello che ha stupito tutti con la sua partecipazione di tre anni fa, e che quest’anno torna a rappresentare il Titano proprio a Tel Aviv. “Che cosa ci fa, un turco, a rappresentare San Marino?” si sono chiesti in tanti, quasi fosse il primo a rappresentare un Paese del quale non aveva la nascita ne’ la cittadinanza. Come se, trattandosi di uno Stato piccolo come San Marino, lo stupore fosse amplificato, piuttosto che diminuito: in positivo e in negativo.
Ricordo benissimo quel giorno di tre anni fa nel quale ci affrettammo, così gentilmente invitati dalla TV Sammarinese, per assistere alla conferenza stampa di presentazione di Serhat come rappresentante eurovisivo. Oltre alla bellissima accoglienza che ricevemmo, fui subito colpita da quel viso pacato, da quel sorriso quasi sfumato e da quegli occhi che rivelavano una delle persone più belle che io abbia avuto la fortuna di conoscere. Perché Serhat è così: semplicemente pieno di amore per il mondo.
E’ praticamente impossibile vederlo accigliato: il suo marchio di fabbrica è quel suo viso aperto, il sincero interesse verso chiunque incontri, l’empatia che sa creare in pochi minuti. Non è solo un grande artista, ma anche una grande persona, e il ricordo che ho della conferenza stampa e dell’intervista che gli feci subito dopo è uno dei migliori momenti eurovisivi che io mi porti dietro. Concludere la mattinata con un pranzo insieme a lui e tutto lo staff ci sembrò la cosa più naturale di questo mondo, tanta era la corrente di simpatia che si era già creata.
Un bellissimo rapporto che è continuato a Stoccolma, durante la partecipazione di Serhat all’Eurovision Song Contest 2016, dove il suo talento e il suo carisma gli hanno permesso di navigare sereno su certe critiche ricevute e sul mancato passaggio in finale, diventando il beniamino degli eurofans, che si sono letteralmente innamorati di lui. Per questo l’annuncio della sua nuova partecipazione è stato accolto con entusiasmo: Serhat è ormai un’icona per i fans eurovisivi!
La sua “I didn’t know” la ricordano tutti, ma i più attenti non mancano di menzionare anche la versione italiana, “Non ero io”, con un testo di Mariella Nava tanto ben scritto da sembrare addirittura nato insieme alla canzone. Non è sfuggito agli appassionati neppure “Total disguise”, il suo duetto con Helena Paparizou, la vincitrice del 2005. Della canzone che presenterà a Tel Aviv non sappiamo ancora molto, ma è certo che il testo verterà sul tema dell’amicizia: esiste forse un argomento più eurovisivo? Ed esiste forse un rappresentante migliore di Serhat per comunicarlo al pubblico? Serhat, con la sua serenità e la sua apertura, è un vero e proprio ponte fra la Turchia, San Marino e il resto dell’Europa. L’amicizia non ha nazionalità, non ha lingua, genere, colore della pelle, stato sociale: l’amicizia è solo amicizia, ed è in questo spirito che tutti i Paesi dovrebbero prendere parte all’Eurovision Song Contest.
Inutile dirvi che siamo impazienti di ascoltare la canzone, ma, soprattutto, siamo impazienti di rivedere Serhat e di festeggiare di nuovo, insieme a lui e agli amici di San Marino, la più bella ricorrenza dell’anno: l’Eurovision Song Contest!
Cristina Giuntini
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