AIIB: l'acronimo - ancora poco conosciuto, se si escludono gli addetti ai lavori – sta per Asian Infrastructure Investment Bank. E' considerata la risposta cinese alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale: la prima tradizionalmente presieduta da uno statunitense, il secondo da un europeo. Istituzioni ritenute da Pechino – e in generale dai BRICS – troppo legate agli interessi occidentali e non rispettose della sovranità dei Paesi emergenti; senza esito le numerose richieste di riforma. Da qui, pochi mesi fa, la nascita della Banca Asiatica di Investimento per le Infrastrutture, che ha provocato un terremoto negli equilibri internazionali, seppur sostanzialmente ignorato dai media mainstream europei. La diplomazia americana non ha nascosto la propria irritazione, ma ciò non ha impedito l'adesione al nuovo organismo – che conta su una dotazione iniziale di 100 miliardi di dollari - di alleati storici di Washington, come Australia e Gran Bretagna; allettati dalle ghiotte prospettive di investimento che andrebbero ad aprirsi. Numerosi Paesi europei hanno seguito la stessa strada: Italia, Francia, Germania, Svizzera; anche Piccoli Stati come Malta e Lussemburgo, sono entrati come membri fondatori. San Marino, al momento, si tiene fuori; troppo oneroso – forse – a livello di risorse umane ed economiche, questo passo. Il problema è che – se un giorno si cambiasse idea – sarebbe possibile aderire solo con il semplice status di “componente”; con minori possibilità, dunque, di incidere sulla governance. La deadline, per un ingresso come membro fondatore, era il 31 marzo 2015.
Gianmarco Morosini
Gianmarco Morosini
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