Si dicono abbandonati, traditi e costretti a farsi carico delle spese legali i risparmiatori coinvolti nel caso Smi: la vicenda che ruota attorno alla San Marino Investimenti, prima società finanziaria del Titano, ricollegabile al conte Enrico Maria Pasquini, che finì in liquidazione coatta amministrativa e fu coinvolta in vicende giudiziarie sia in Italia, dal 2007, che sul Titano.
40 famiglie sammarinesi inviano una lettera devo esprimono tutta la loro amarezza per aver perso quelli che, per molti di loro, erano i risparmi di una vita e dove spiegano che non si fermeranno, con l'obiettivo di far valere i loro diritti. Parlano di 6,2 milioni di euro di risparmi e ripercorrono gli ultimi sette anni di “lotta” per rientrare in possesso del loro denaro.
I soldi, spiegano, furono depositati nella Smi sotto forma di conti correnti di deposito, quindi non per “speculare”. Questo denaro, accusano, finì “in gran parte presso banche estere all'insaputa dei risparmiatori” e distratti dalla società finanziaria che, sottolineano, era soggetto vigilato da Banca Centrale. Nessuno si è preoccupato della questione, prosegue la lettera, e “nulla è stato oggi restituito”.
I risparmiatori sostengono che, per le banche in situazioni difficili sono stati presi provvedimenti di supporto, ma non per loro. Alcuni si sono uniti per tutelarsi da soli, con azioni legali in Italia e a San Marino. Ma proprio sul Titano, scrivono, non ci sono aggiornamenti dopo oltre due anni dalla denuncia penale depositata in tribunale. Sul finire della missiva, la puntualizzazione: “le oltre 40 famiglie coinvolte non si arrenderanno”. Non è escluso il ricorso a organismi internazionali come la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo.
mt
40 famiglie sammarinesi inviano una lettera devo esprimono tutta la loro amarezza per aver perso quelli che, per molti di loro, erano i risparmi di una vita e dove spiegano che non si fermeranno, con l'obiettivo di far valere i loro diritti. Parlano di 6,2 milioni di euro di risparmi e ripercorrono gli ultimi sette anni di “lotta” per rientrare in possesso del loro denaro.
I soldi, spiegano, furono depositati nella Smi sotto forma di conti correnti di deposito, quindi non per “speculare”. Questo denaro, accusano, finì “in gran parte presso banche estere all'insaputa dei risparmiatori” e distratti dalla società finanziaria che, sottolineano, era soggetto vigilato da Banca Centrale. Nessuno si è preoccupato della questione, prosegue la lettera, e “nulla è stato oggi restituito”.
I risparmiatori sostengono che, per le banche in situazioni difficili sono stati presi provvedimenti di supporto, ma non per loro. Alcuni si sono uniti per tutelarsi da soli, con azioni legali in Italia e a San Marino. Ma proprio sul Titano, scrivono, non ci sono aggiornamenti dopo oltre due anni dalla denuncia penale depositata in tribunale. Sul finire della missiva, la puntualizzazione: “le oltre 40 famiglie coinvolte non si arrenderanno”. Non è escluso il ricorso a organismi internazionali come la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo.
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