Era una risposta attesa, quella di Pechino; annunciata da settimane, dopo che l'Amministrazione Trump aveva deciso di applicare dazi, sulle importazioni di acciaio ed alluminio. Un settore, quello metallurgico, sul quale l'economia della Repubblica Popolare Cinese punta forte da sempre; inevitabile, dunque, la rappresaglia, annunciata oggi con una nota del Ministero del Commercio. Saranno applicate tariffe su 128 prodotti statunitensi. L'aumento – ad esempio – sarà del 25% sulla carne di maiale, e del 15% su vari prodotti ortofrutticoli. In totale, queste misure, “costeranno” a Washington circa 3 miliardi di dollari; quasi nulla rispetto ai 60 miliardi, determinati dalla mossa di Trump. Ma il segnale è chiaro. Pechino ha sollecitato gli Stati Uniti a “revocare le misure protettive che – si sostiene – contrastano le regole del WTO, e a riportare i rapporti bilaterali, sui relativi prodotti, alla normalità”. In particolare, ad essere stato violato da Trump, sarebbe il principio di non discriminazione – uno dei pilastri del sistema multilaterale -, poiché i dazi americani colpirebbero solo alcuni Paesi, tra i quali la Cina. Ma c'è anche chi sorride, per questa guerra commerciale tra i 2 colossi dell'economia mondiale. E sono i viticoltori italiani. Gli Stati Uniti, sottolinea Coldiretti, hanno esportato vino, in Cina, per un valore di 70 milioni di euro, collocandosi al sesto posto nella lista dei maggiori fornitori, immediatamente dietro all'Italia. Il Belpaese, insomma - quantomeno in questo settore -, potrebbe guadagnare terreno in un mercato di assoluto valore strategico, con milioni di potenziali nuovi consumatori.
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