Dopo Erbavita e Passepartout, che hanno annunciato l’intenzione di trasferirsi in Italia per evitare gli effetti del decreto incentivi, l’Associazione degli industriali ritiene che il 90% dei propri associati stia pensando alla medesima soluzione: una stabile organizzazione oltre confine per evitare ai propri clienti la comunicazione mensile al fisco italiano sul volume degli interscambi. Ma fa notare Carlo Giorgi: “L’adempimento dal 1° luglio dice che chi compra da San Marino deve comunicare l’avvenuto acquisto all’Agenzia delle entrate. Ebbene, questa procedura è già in vigore, l’Ufficio tributario ogni mese invia tramite listing l’interscambio di beni e servizi connessi, come ad esempio il trasporto dei beni, all’Agenzia delle entrate. Quindi il nuovo adempimento è un duplicato, che noi speriamo venga eliminato al più presto. Quelli che mancavano erano i servizi puri, come ad esempio le consulenze”. L’Anis sta predisponendo una circolare da inviare agli associati per comunicare la scoperta, mentre le piccole e medie imprese affiliate all’Osla stanno vivendo giorni di grande preoccupazione. Conferma il direttore Giorgio Chiaruzzi: “Aprire una sede in Italia non sarebbe così semplice come per le grandi aziende che hanno già l’Iva, i nostri associati dovrebbero spendere non meno di 10-20mila euro, e molti non possono affrontare una spesa simile. Inoltre, andrebbero in un Paese col quale non si hanno accordi contro le doppie imposizioni, quindi si trasferirebbero da clandestini. Una delle soluzioni cui stiamo pensando – conclude – è costituire un consorzio di piccole medie imprese e trasferirci in un Paese dell’Unione Europea col quale siano già in vigore gli accordi, come ad esempio l’Austria”.
Francesca Biliotti
Francesca Biliotti
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