L’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati presenta un grafico quasi costante con leggere flessioni a giugno e ottobre 2005 e un’impennata da novembre a gennaio 2006. Il dato più rilevante riguarda le scelte delle famiglie di risparmiare sulla cultura, gli spettacoli e i servizi ricreativi. Hanno subito una contrazione anche i consumi nei pubblici esercizi e negli alberghi passati da 100,46 a 98,96. Si è speso di più per mangiare e per le bevande analcoliche, sei punti da 113,01, del mese di gennaio 2005, a 119,05 di gennaio 2006. Aumentate le spese per il tabacco e le bevande alcoliche passate da 97,7 a 103,07. Risultano invece stabili gli indici di acquisto di abbigliamento e calzature e le spese per le abitazioni e l’energia elettrica, quest’ultimo dato risente del blocco delle tariffe ferme al 99. Più soldi spesi per la salute e i servizi sanitari: 8 punti di aumento da 106,77 a 114,05 e quelli per i trasporti, più 5 punti, da 104,45 a 109,58. Cresciuto, anche se solo di un punto, l’indice dei consumi di mobili, articoli e servizi per la casa che passano da 100,50 a 101,82. Dall’ufficio programmazione, che rileva i prezzi al consumo, un richiamo a non confondere l’inflazione con il potere d’acquisto. La prima è l’incremento su base annua o mensile sui prezzi dei prodotti di calmiere. Il potere d’acquisto invece è influenzato dal dato inflativo, ma risente anche, soprattutto in alcuni momenti, di dinamiche economiche legate ai tassi di interesse, al peso della moneta e ad altri settori dell’economia. Un esempio è il prezzo della benzina: cresciuto negli ultimi anni in maniera costante, quasi quotidiana, non ha pesato sull’inflazione rimasta quasi stabile.
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