Una lunga lettera aperta, per far sapere anche all’opinione pubblica del loro disagio di lavoratori incerti, costretti a fare i conti con una situazione priva di garanzie per il loro futuro e per lamentare una condizione di discriminazione.
A loro parere la nuova riforma della Pubblica Amministrazione rischia di calpestare una serie di diritti e invocano azioni che evitino di colpire fasce di lavoratori più deboli e già pesantemente provate da anni di precariato. Lamentano una scarsa attenzione da parte degli organi istituzionali e invitano a tenere ben presente le parole pronunciate dal Pontefice durante la visita sul Titano proprio sul tema della precarietà dei giovani e delle nuove generazioni che hanno figli e mutui da pagare. Non gli piacciono gli stereotipi di una PA descritta come luogo di sfaccendati raccomandati: “Siamo fieri - scrivono - di far parte del settore pubblico”. Sulla riforma chiedono che il Governo consideri precari anche quei lavoratori occupati da meno di 5 anni, di riconsiderare la procedura del concorso pubblico per regolarizzare una posizione occupata da anni con uno stipendio ridotto rispetto ai colleghi. “Il nostro unico sacrificio - scrivono - non potrà risollevare le sorti dello Stato” e puntano il dito su evasione fiscale, su dirigenti strapagati, su pensioni d’oro e costose collaborazioni, di tante consuetudini onerose. Invocano il coraggio di provvedimenti equi e concreti che interessino tutta la popolazione, al Congresso di Stato chiedono interventi che non li penalizzino e non li facciano sentire discriminati.
Sergio Barducci
A loro parere la nuova riforma della Pubblica Amministrazione rischia di calpestare una serie di diritti e invocano azioni che evitino di colpire fasce di lavoratori più deboli e già pesantemente provate da anni di precariato. Lamentano una scarsa attenzione da parte degli organi istituzionali e invitano a tenere ben presente le parole pronunciate dal Pontefice durante la visita sul Titano proprio sul tema della precarietà dei giovani e delle nuove generazioni che hanno figli e mutui da pagare. Non gli piacciono gli stereotipi di una PA descritta come luogo di sfaccendati raccomandati: “Siamo fieri - scrivono - di far parte del settore pubblico”. Sulla riforma chiedono che il Governo consideri precari anche quei lavoratori occupati da meno di 5 anni, di riconsiderare la procedura del concorso pubblico per regolarizzare una posizione occupata da anni con uno stipendio ridotto rispetto ai colleghi. “Il nostro unico sacrificio - scrivono - non potrà risollevare le sorti dello Stato” e puntano il dito su evasione fiscale, su dirigenti strapagati, su pensioni d’oro e costose collaborazioni, di tante consuetudini onerose. Invocano il coraggio di provvedimenti equi e concreti che interessino tutta la popolazione, al Congresso di Stato chiedono interventi che non li penalizzino e non li facciano sentire discriminati.
Sergio Barducci
Riproduzione riservata ©