La giornata di lavoro di un dirigente vale 356 euro in più di quello di un operaio. Almeno in busta paga, dove il primo guadagna in media 422 euro al giorno, il secondo appena 66. E' la fotografia del lavoro scomposto, presentata dalle Acli. Sotto la media ci sono gli operai, gli apprendisti e le donne, che ottengono 27 euro in meno degli uomini. Le Acli mettono in guardia dal considerare la crisi come unica responsabile delle distorsioni del mercato del lavoro e indicano i ritardi storici del sistema produttivo. A partire dall’occupazione sommersa, il 12% del totale, quella precaria, che riguarda il 23% dei lavoratori, e quella sovraistruita, una realtà per il 19% degli italiani e il 42% degli immigrati. Il nanismo delle imprese, poi, con le grandi che sono appena lo 0,1% del totale, l'invecchiamento della popolazione e la carenza di investimenti in ricerca e sviluppo contribuiscono a un mondo che necessita di una profonda riorganizzazione. Il mercato del lavoro italiano scontenta chi vi fa parte e scoraggia chi ne è tagliato fuori. La quota di persone soddisfatte del proprio impiego è passata dal 25 al 21% per gli uomini e dal 30 al 21% per le donne. I lavoratori meno qualificati sono anche i meno appagati. E sfortunatamente, sono proprio i posti di fascia bassa quelli più disponibili. Nel 2010 sono andate perse circa 70mila posizioni dirigenziali, 78mila impieghi da professionista della conoscenza e oltre 100mila tecnici. E la capacità del mercato italiano di riassorbire chi ha perso il posto è tra le peggiori in Europa: il 45% dei disoccupati lo è da più di due anni e gli scoraggiati, quelli chi hanno rinunciato a cercare un lavoro, sono più del doppio della media europea.
Sonia Tura
Sonia Tura
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