“Quella riforma assomiglia più ad una manovra che ad un intervento strutturale innovativo”. Ne sono convinti i Commercialisti, che attraverso il loro ordine professionale non lesinano critiche ad un provvedimento che almeno stando ad una prima analisi, li lascia piuttosto perplessi. Ritengono che le misure contenute nel testo siano più un tentativo di fare cassa per le ormai magre finanze dello Stato, che un intervento per rivoluzionare il fisco. Il rischio – mettono in evidenza – è quello di mettere in ulteriore difficoltà molti operatori, già tormentati dai pesanti effetti del decreto incentivi e di una crisi economica che si fa sentire in tutta la sua gravità. Lamentano un incremento della pressione fiscale e ricordano che questo non è certo auspicabile, considerato il momento e un’ottica di concorrenza e di competitività con l’esterno. Invocano invece seri interventi di taglio alla spesa, necessari per intervenire con maggior risultato sui problemi del bilancio dello Stato. Riconoscono che alcuni passaggi della riforma mostrano la ricerca di una maggiore equità ma sostengono che l’equità vera, quella che non solo elimina le differenze fra lavoratori residenti e frontalieri ma anche le disparità tra dipendenti ed autonomi, sia ancora lontana. Puntano il dito sulla “imposizione separata”, la tassazione che riguarda i redditi da lavoro autonomo e di impresa individuale. “Non è ammissibile – affermano – che a chi percepisce solamente un reddito da lavoro autonomo non sia riconosciuta la stessa deduzione, per oneri di carattere personale, prevista per i dipendenti”. Giudicano iniqua la misura e ricordano che in un sistema equo devono spettare parità di condizioni a tutti i soggetti. Considerano positiva la presentazione di un testo unico, come pure la riduzione degli scaglioni d’imposta, e ancora la prevista snellezza nel sistema di accertamento. Auspicano una lotta più incisiva all’evasione fiscale, per tutti i tipi di reddito. Fra i punti critici evidenziano anche il funzionamento del credito per imposte estere. “In assenza di una convenzione contro le doppie imposizioni – scrivono – si potrebbero verificare casi di una tassazione più alta, a San Marino, di quella applicata sugli stessi redditi, ad esempio, in Italia”.
Sergio Barducci
Sergio Barducci
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