PDCS - IL LAVORO E LA DIGNITA’ DEI LAVORATORI
La festività del 1° maggio orienta l’attenzione sul valore del lavoro e la dignità di ogni lavoratore.
In questo momento così delicato per l’Europa, in cui la crisi economica ha investito tutti i Paesi destabilizzandone gli equilibri produttivi, è necessaria una presenza più forte proprio a fianco di coloro che maggiormente ne stanno subendo le conseguenze: i lavoratori con le proprie famiglie.
Siamo di fronte ad una svolta epocale di sistema che non può essere ridotta semplicemente alla attribuzione delle colpe, ma necessita di una riflessione più approfondita sul modello economico futuro.
Come in passato, infatti, ci si è trovati davanti ai limiti del pensiero marxista, con il conseguente crollo del modello statalista nei paesi sovietici, ora, stanno diventando sempre più evidenti i limiti del modello liberista, cui fanno riferimento i paesi occidentali. Per questa ragione è necessario uno sguardo prospettico e a più ampio raggio, perché il problema ha dimensioni globali.
La black-list, come pure la riduzione degli indotti immobiliari e manifatturieri, sono certamente la causa attuale della diminuzione dei posti di lavoro a San Marino. Tuttavia, anche il ripristino di questi settori, non ci esime dal doverci confrontare con il fenomeno dell’immigrazione in Italia, che porta competenze e lavoro a minor costo, rendendo sempre meno concorrenziale la nostra produzione.
Rispetto a ciò, la richiesta di una maggiore tutela e protezione dei posti di lavoro, privilegiando i cittadini, ha avuto come conseguenza lo spostamento della produzione stessa nei paesi asiatici, dove minore è il costo del lavoro, riducendo nuovamente l’importanza di un diritto dell’uomo come quello al lavoro, alla sua quantificazione economica.
Rispetto a ciò, il Partito Democratico Cristiano Sammarinese desidera ribadire il proprio impegno, affinché i lavoratori siano tutelati nella propria dignità e siano attuate tutte le politiche necessarie al sostegno di coloro che stanno attraversando la difficoltà della perdita del posto di lavoro.
D’altra parte, chiede anche il massimo impegno da parte di tutti i cittadini, perché la crescita del Paese dipende essenzialmente dalla responsabilità e dalla laboriosità di ciascuno in ogni ambito lavorativo. Laboriosità attraverso la quale, prima di ogni altra cosa, si attua la realizzazione stessa della persona umana.
Inoltre, in questa fase di elaborazione della Riforma del lavoro, il PDCS si impegna a dare tutto il proprio contributo affinché, tale riforma possa attuarsi in breve tempo e sia capace di apportare quei miglioramenti al sistema delle assunzioni e della tutela del lavoratore, tali da semplificarne le procedure e accrescerne l’efficacia per il futuro.
PSRS
Gli indicatori economici riferiti al 31 marzo 2012 confermano la pesantezza della crisi che ha colpito il nostro Paese a partire dall’ultimo trimestre del 2008. La permanenza nella black-list italiana, l’assenza di un progetto per un nuovo modello di sviluppo e il recente appesantimento della pressione fiscale stanno determinando una notevole contrazione dell’apparato produttivo e dei servizi con la chiusura di decine di aziende ogni settimana. Questa situazione si ripercuote in maniera negativa sul tasso di disoccupazione che si sta avvicinando velocemente alla soglia del 7% e sulla tenuta degli ammortizzatori sociali dato che il ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità è sempre più massiccio. La precarietà e l’incertezza del lavoro stanno diffondendo un generale clima di sfiducia, soprattutto tra gli appartenenti alle nuove generazioni che quotidianamente provano sulla loro pelle l’impossibilità di dare concretezza ai loro sogni e ai loro progetti. Per tali ragioni, nonostante ci sia purtroppo ben poco da festeggiare, noi Socialisti Riformisti desideriamo cogliere l’occasione della ricorrenza del Primo Maggio per manifestare la nostra vicinanza a tutti i lavoratori e, ancor di più, la nostra solidarietà a tutte le persone che attualmente si trovano senza un posto di lavoro. In particolare il nostro pensiero va alle fasce sociali più deboli, cioè i giovani, le donne e gli ultracinquantenni, che più degli altri vengono penalizzati dagli effetti della crisi più grave degli ultimi 50 anni. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza che se non viene affrontata in modo adeguato e tempestivo può condurre a pericolose situazioni di conflittualità sociale. Il governo non riesce a dare le risposte necessarie al superamento dei problemi che affliggono il sistema economico sammarinese e frequentemente mette in mostra una preoccupante mancanza di sintonia con il Paese reale. Per questo noi Socialisti Riformisti riteniamo indispensabile ed urgente l’apertura di una nuova fase politica che si dovrà caratterizzare per un atto di generale assunzione di responsabilità di tutte le rappresentanze consiliari e per un ampio e diretto coinvolgimento delle parti sociali nei processi decisionali.
Di fronte ad una crisi di sistema di simili proporzioni, infatti, si può reagire solo con una chiara ed incondizionata unità di intenti.
Confidiamo, quindi, che la Festa dei Lavoratori possa essere una giornata di riflessione seria ed approfondita con l’obiettivo di fare emergere lo spirito di coesione nazionale fondamentale per fare uscire la nostra Repubblica dall’odierno momento di profonda difficoltà. Noi Socialisti Riformisti siamo pronti a fare la nostra parte nell’interesse generale di San Marino e dei sammarinesi.
Buon Primo Maggio.
PSD
La giornata del primo maggio è sempre occasione di riflessione sul mondo del lavoro e sulla situazione del Paese.
Il 2012 è il quarto anno dall’inizio della crisi finanziaria globale e quella peculiare sammarinese, per lo più dipendente dalla mancanza di accordi con la Repubblica Italiana. In questi mesi molti lavoratori si trovano senza più occupazione e senza più ammortizzatori sociali; molti giovani inoltre si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro senza prospettive a breve termine di un impiego. Per la prima volta il tasso di disoccupazione, circa il 7%, si avvicina a quello dei grandi Stati.
Il PSD è molto preoccupato per questa situazione e ritiene debba essere profuso il maggior sforzo possibile per definire come accompagnare i disoccupati, soprattutto quelli più difficili da collocare e quelli di più lungo corso, in quella che deve essere la transizione verso un nuovo lavoro, ma soprattutto sulle condizioni per cui si possa creare nuova occupazione. Per questo ultimo obiettivo è innegabile che la posizione del nostro Stato all’interno della black list comprometta possibili investimenti esterni e soprattutto metta in difficoltà chi già opera nel nostro sistema.
L’imperativo deve quindi essere quello di un impegno incessante e serio verso una trasparenza dell’economia totale e supportata dalla prassi: il PSD insiste sul fatto che il percorso compiuto è positivo ma insufficiente, sullo scambio di informazioni e sulla cooperazione sono necessari altri passi in avanti.
Nel frattempo si deve comunque essere in grado di dare risposte ai disoccupati, soprattutto quelli più deboli: donne, giovani al primo impiego non dotati quindi di esperienza e gli over cinquanta che rischiano di essere tagliati fuori dal competitivo mondo del lavoro e ancora lontani dal pensionamento.
Purtroppo, negli anni in cui l’economia era in salute, non si è riusciti a capitalizzare al meglio la situazione e, con lungimiranza, dotare il sistema degli anticorpi utili qualora, come ora, una crisi occupazionale si fosse verificata, lasciando scoperte da protezioni e diritti fasce deboli della nostra comunità. Il PSD sottolinea quindi i provvedimenti che negli ultimi mesi ha posto all’attenzione della politica e della cittadinanza tutta: regole certe per l’assunzione dei lavoratori, compreso il superamento delle attuali graduatorie per un accesso al lavoro più rapido ed ottimale, l’unificazione del mercato del lavoro pubblico e privato, stage aziendali e programmi di formazione per giovani lavoratori all’estero sovvenzionati dal Fondo Servizi Sociali; e ancora: costituzione di un Fondo Flessibilità del Lavoro che intervenga dopo Cassa Integrazione e Mobilità, nelle situazioni straordinarie di passaggio da un lavoro all’altro in condizioni di precarietà, o di malattie invalidanti o per integrare i salari insufficienti oppure quando è necessario un percorso di riqualificazione complesso; infine, ma non per ordine di importanza: definire forme di pre-pensionamento per i lavoratori con un’età pari o superiore a cinquantasette anni con almeno venti anni di contribuzione.
Il PSD ritiene che non sia possibile superare le problematiche evidenziate con demagogia o superficialità: al contrario serve grande coesione e capacità di confronto con tutte le forze rappresentative del Paese, a partire da quelle politiche, sindacali e datoriali. Le soluzioni alla crisi ed alla mancanza di lavoro devono essere un elemento unificante e non di distinguo.
Occorre tornare alla politica delle idee, abbandonando quella degli interessi - Giuliano Tamagnini (CSdL)
Il paese, non potendo ancora esprimere una classe politica nuova, dovrebbe orientarsi verso la scelta di un “governo tecnico” che esprima le migliori personalità di San Marino per onestà e attaccamento al paese. Questa non è antipolitica, ma un modo per ridare alla politica il suo ruolo di servizio al paese
La crisi internazionale non accenna a diminuire perché i rimedi posti in essere dai mandati politici del capitalismo mondiale, non producono il risultato di fare ripartire l’economia. Infatti la loro ricetta, che consiste nel diminuire le condizioni retributive e di diritto delle vaste masse di lavoratori, produce unicamente stagnazione economica quando non addirittura recessione. Lo sanno tutti che l’economia dal dopoguerra ad oggi è cresciuta quanto più si sono sviluppati i diritti democratici di vaste fasce di popolazione. È opportuno affermare con forza che non vi è sviluppo senza democrazia e che si deve cominciare a pensare che ci può essere sviluppo anche senza crescita. Lo sviluppo senza crescita consiste nel modificare il nostro sistema di consumi, cambiare il modo di utilizzare le risorse naturali, diminuire sempre più l’impiego dei combustibili fossili che stanno uccidendo il pianeta, a favore dell’utilizzo di fonti energetiche pulite e rinnovabili.
Nel settore delle energie rinnovabili possiamo tornare a crescere mentre in altri settori dobbiamo pensare ad un uso più parsimonioso delle risorse. Prima di tutto però è necessario pensare alla rifondazione di un equilibrio democratico che per effetto della crisi sta scemando; infatti il capitale pensa che si possa uscire dalla crisi attaccando la democrazia. Io penso invece che si esca attraverso una rimodulazione delle risorse fra capitale e lavoro, che devono tornare a favore di quest’ultimo, e non - come negli ultimi anni - spostando le risorse nei forzieri del grande capitale mondiale, attraverso la finanziarizzazione estrema dell’economia.
In tale contesto, a mio parere è auspicabile che la politica, quella delle idee al servizio della popolazione e non quella qualunquista degli interessi economici, ritorni a svolgere il proprio ruolo di rappresentanza reale delle esigenze sociali e non di quelle prettamente economiche, perché chi detiene il potere economico, o ne è l’espressione quando addirittura è la stessa cosa, è in grado di controllare anche il potere politico, o si determina un sistema che di democratico ha ben poco.
Nello scenario descritto si colloca il nostro piccolo paese, che in un recente passato è stato interessatamente e indistrubatamente lasciato ad arricchirsi, di una ricchezza effimera basata sul drenaggio di ingenti risorse economiche, anche di provenienza malavitosa, principalmente dal territorio italiano. Perché, deve essere chiaro, i paradisi fiscali o pseudo tali sono generati non tanto dal piccolo paese che li ospita, ma dai grandi flussi di capitali ed interessi provenienti dal paese infinitamente più grande che lo contiene.
Nel nostro caso è evidente che a volere una San Marino border line fra soldi della malavita e delle evasioni fiscali, sono stati i nostri amati vicini italiani. Ora questi traffici sporchi non sono più tollerati a livello internazionale, anche perché la crisi prosciuga risorse a tutti gli stati, che hanno bisogno di rimpinguarle anche attraverso la lotta all’evasione. Ad essere buoni, diciamo che San Marino in questo contesto non ha fatto altro che offrire gli strumenti dell’anonimato societario e del segreto bancario alla bisogna di capitali stranieri che avevano e che hanno necessità di nascondersi. Non c’era però bisogno di essere dei maghi dell’alta finanza per capire che tutto questo non avrebbe potuto durare a lungo.
Non mi dilungo sulla necessità di trasparenza dell’intero nostro sistema economico, perché lo considero un dato acquisito; mi chiedo solo perché la nostra classe politica non si stia per niente interessando a ciò. La risposta è purtroppo semplice: sono coinvolti fino ai capelli con un sistema economico che ha ben poco di trasparente e non hanno né la capacità, né la lungimiranza di programmare un nuovo modello di sviluppo che sia basato sulla trasparenza e sia pienamente integrato con il contesto geografico ed economico in cui è collocata San Marino. Come dicevo, non occorre essere dei maghi per capire che l’economia di un piccolo paese come San Marino si deve integrare prima di tutto con il circondario, in un contesto di sinergia, favorendo ricadute economiche sui territori limitrofi e non sottraendo risorse come è accaduto finora. Come ci ha insegnato la crisi finanziaria mondiale, la base economica non può essere che quella a cui ogni paese normale può legittimamente aspirare; economia reale, quindi produzione e servizi che realizzano ricchezza, un sano e trasparente settore bancario che raccolga capitali puliti a livello internazionale per essere rimessi in circolazione a sostegno dell’economia reale di San Marino e dei territori circostanti.
Il commercio e il turismo, vista anche la storica vocazione e la collocazione geografica di San Marino, come utile corollario e completamento di un sistema economico che così può tornare ad essere virtuoso e distribuire ricchezza ben oltre i nostri esigui confini. Ma c’è un però. La classe politica che ha generato quell’economia opaca, quando non addirittura nera, può contribuire a rilanciarne una nuova e trasparente? In altre parole, chi è causa del male può esserne anche la cura? Io penso di no, e mi sembra che in questi ultimi tempi la pensino così anche vaste aree di popolazione, principalmente i giovani.
Anni fa, precisamente il 22 luglio 2008, ebbi occasione di scrivere che questo paese, non potendo esprimere una classe politica nuova perché troppo a lungo dominata da oligarchie che non hanno esitato a trasformare il suffragio universale in una scandalosa tratta di voti pagati anche con i soldi della criminalità organizzata, doveva orientarsi verso la scelta di un “governo tecnico” composto dalle migliori personalità di San Marino per onestà e attaccamento al paese, con tutte le forze politiche impegnate a sostenerlo nel realizzare un programma politico di emergenza approvato dalla popolazione in una specie di moderno Arengo che superi tutti i filtri della politica e dei partiti.
Pertanto, credo che l’intera classe politica debba fare un passo indietro, ammettendo la propria inadeguatezza, che ha causato gravi danni al paese, rinunciando per un po’ alla gestione diretta del potere, quindi evitando di collocare propri uomini nel Congresso di Stato. Quindi, si faccia un governo di tecnici, che tenga per un po’ di tempo la politica lontano dalle stanze del potere, che realizzi le grandi riforme di cui il paese non può fare a meno, e trasformi San Marino in una moderna democrazia liberale e che gestisca le prossime elezioni politiche.
Questa non è antipolitica, anzi io credo fortemente nella politica al servizio della gente; questo è un modo per ridare la possibilità ai partiti di ritornare a fare la politica delle idee e non degli interessi, e dare a questo paese almeno in questo 1° maggio un po’ di fiducia per il futuro. Credo che ancora oggi questa sia l’unica strada percorribile, perché i partiti tradizionali non rappresentano più le aspirazioni di blocchi sociali storici; il superamento della politica classista ha portato tutti a volere rappresentare tutti, con il risultato di fatto di non rappresentare più la società civile ma solo gli interessi particolari.
PER SAN MARINO
Il nostro movimento ritiene che in questo Primo Maggio non ci sia niente da festeggiare e rivolge il suo preoccupato pensiero alla disastrosa situazione in cui è stato portato il Paese per una pessima gestione dei tanti governi e di questo in particolare.
La disoccupazione aumenta, i giovani non hanno una prospettiva di lavoro così come quelli che sono in mobilità, in particolare le donne. Le imprese chiudono l’attività per la difficoltà di commerciare con l’Italia e per la mancanza di accordi economici con altri Stati. Il settore finanziario viene sempre più indebolito per l’azione punitiva in atto. I conti dello Stato fanno acqua da tutte le parti con l’aumento del debito pubblico e con il mantenimento della spesa clientelare. Non esiste un progetto di futuro e i cittadini sono tenuti sempre più lontani dalla vita pubblica. I partiti continuano a recitare malamente nel teatrino del Palazzo ed a manovrare con gli inciuci e con le cene per soddisfare le ambizioni e gli interessi personali dei soliti noti in netto contrasto con quelli generali.
Il cambiamento, la trasparenza ed il rinnovamento sono solo di facciata e vengono smentiti dagli organismi internazionali e dagli scandali a ripetizione. I fondi di riserva pensionistici sono utilizzati a piacimento e collocati a rischio mettendo a repentaglio l’intero sistema. Si tratta la delicatissima situazione della Cassa di Risparmio in seduta segreta e si conducono giochi politici indecenti per impadronirsi dell’istituto sorto dalla mutualità e dalla cultura del bene comune a presidio delle famiglie sammarinesi.
Non possiamo dunque festeggiare. Però intendiamo, in questa gloriosa ricorrenza, confermare il nostro impegno per contribuire a salvare la Repubblica e a ridare San Marino ai sammarinesi.
La festività del 1° maggio orienta l’attenzione sul valore del lavoro e la dignità di ogni lavoratore.
In questo momento così delicato per l’Europa, in cui la crisi economica ha investito tutti i Paesi destabilizzandone gli equilibri produttivi, è necessaria una presenza più forte proprio a fianco di coloro che maggiormente ne stanno subendo le conseguenze: i lavoratori con le proprie famiglie.
Siamo di fronte ad una svolta epocale di sistema che non può essere ridotta semplicemente alla attribuzione delle colpe, ma necessita di una riflessione più approfondita sul modello economico futuro.
Come in passato, infatti, ci si è trovati davanti ai limiti del pensiero marxista, con il conseguente crollo del modello statalista nei paesi sovietici, ora, stanno diventando sempre più evidenti i limiti del modello liberista, cui fanno riferimento i paesi occidentali. Per questa ragione è necessario uno sguardo prospettico e a più ampio raggio, perché il problema ha dimensioni globali.
La black-list, come pure la riduzione degli indotti immobiliari e manifatturieri, sono certamente la causa attuale della diminuzione dei posti di lavoro a San Marino. Tuttavia, anche il ripristino di questi settori, non ci esime dal doverci confrontare con il fenomeno dell’immigrazione in Italia, che porta competenze e lavoro a minor costo, rendendo sempre meno concorrenziale la nostra produzione.
Rispetto a ciò, la richiesta di una maggiore tutela e protezione dei posti di lavoro, privilegiando i cittadini, ha avuto come conseguenza lo spostamento della produzione stessa nei paesi asiatici, dove minore è il costo del lavoro, riducendo nuovamente l’importanza di un diritto dell’uomo come quello al lavoro, alla sua quantificazione economica.
Rispetto a ciò, il Partito Democratico Cristiano Sammarinese desidera ribadire il proprio impegno, affinché i lavoratori siano tutelati nella propria dignità e siano attuate tutte le politiche necessarie al sostegno di coloro che stanno attraversando la difficoltà della perdita del posto di lavoro.
D’altra parte, chiede anche il massimo impegno da parte di tutti i cittadini, perché la crescita del Paese dipende essenzialmente dalla responsabilità e dalla laboriosità di ciascuno in ogni ambito lavorativo. Laboriosità attraverso la quale, prima di ogni altra cosa, si attua la realizzazione stessa della persona umana.
Inoltre, in questa fase di elaborazione della Riforma del lavoro, il PDCS si impegna a dare tutto il proprio contributo affinché, tale riforma possa attuarsi in breve tempo e sia capace di apportare quei miglioramenti al sistema delle assunzioni e della tutela del lavoratore, tali da semplificarne le procedure e accrescerne l’efficacia per il futuro.
PSRS
Gli indicatori economici riferiti al 31 marzo 2012 confermano la pesantezza della crisi che ha colpito il nostro Paese a partire dall’ultimo trimestre del 2008. La permanenza nella black-list italiana, l’assenza di un progetto per un nuovo modello di sviluppo e il recente appesantimento della pressione fiscale stanno determinando una notevole contrazione dell’apparato produttivo e dei servizi con la chiusura di decine di aziende ogni settimana. Questa situazione si ripercuote in maniera negativa sul tasso di disoccupazione che si sta avvicinando velocemente alla soglia del 7% e sulla tenuta degli ammortizzatori sociali dato che il ricorso alla cassa integrazione e alla mobilità è sempre più massiccio. La precarietà e l’incertezza del lavoro stanno diffondendo un generale clima di sfiducia, soprattutto tra gli appartenenti alle nuove generazioni che quotidianamente provano sulla loro pelle l’impossibilità di dare concretezza ai loro sogni e ai loro progetti. Per tali ragioni, nonostante ci sia purtroppo ben poco da festeggiare, noi Socialisti Riformisti desideriamo cogliere l’occasione della ricorrenza del Primo Maggio per manifestare la nostra vicinanza a tutti i lavoratori e, ancor di più, la nostra solidarietà a tutte le persone che attualmente si trovano senza un posto di lavoro. In particolare il nostro pensiero va alle fasce sociali più deboli, cioè i giovani, le donne e gli ultracinquantenni, che più degli altri vengono penalizzati dagli effetti della crisi più grave degli ultimi 50 anni. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza che se non viene affrontata in modo adeguato e tempestivo può condurre a pericolose situazioni di conflittualità sociale. Il governo non riesce a dare le risposte necessarie al superamento dei problemi che affliggono il sistema economico sammarinese e frequentemente mette in mostra una preoccupante mancanza di sintonia con il Paese reale. Per questo noi Socialisti Riformisti riteniamo indispensabile ed urgente l’apertura di una nuova fase politica che si dovrà caratterizzare per un atto di generale assunzione di responsabilità di tutte le rappresentanze consiliari e per un ampio e diretto coinvolgimento delle parti sociali nei processi decisionali.
Di fronte ad una crisi di sistema di simili proporzioni, infatti, si può reagire solo con una chiara ed incondizionata unità di intenti.
Confidiamo, quindi, che la Festa dei Lavoratori possa essere una giornata di riflessione seria ed approfondita con l’obiettivo di fare emergere lo spirito di coesione nazionale fondamentale per fare uscire la nostra Repubblica dall’odierno momento di profonda difficoltà. Noi Socialisti Riformisti siamo pronti a fare la nostra parte nell’interesse generale di San Marino e dei sammarinesi.
Buon Primo Maggio.
PSD
La giornata del primo maggio è sempre occasione di riflessione sul mondo del lavoro e sulla situazione del Paese.
Il 2012 è il quarto anno dall’inizio della crisi finanziaria globale e quella peculiare sammarinese, per lo più dipendente dalla mancanza di accordi con la Repubblica Italiana. In questi mesi molti lavoratori si trovano senza più occupazione e senza più ammortizzatori sociali; molti giovani inoltre si affacciano per la prima volta sul mercato del lavoro senza prospettive a breve termine di un impiego. Per la prima volta il tasso di disoccupazione, circa il 7%, si avvicina a quello dei grandi Stati.
Il PSD è molto preoccupato per questa situazione e ritiene debba essere profuso il maggior sforzo possibile per definire come accompagnare i disoccupati, soprattutto quelli più difficili da collocare e quelli di più lungo corso, in quella che deve essere la transizione verso un nuovo lavoro, ma soprattutto sulle condizioni per cui si possa creare nuova occupazione. Per questo ultimo obiettivo è innegabile che la posizione del nostro Stato all’interno della black list comprometta possibili investimenti esterni e soprattutto metta in difficoltà chi già opera nel nostro sistema.
L’imperativo deve quindi essere quello di un impegno incessante e serio verso una trasparenza dell’economia totale e supportata dalla prassi: il PSD insiste sul fatto che il percorso compiuto è positivo ma insufficiente, sullo scambio di informazioni e sulla cooperazione sono necessari altri passi in avanti.
Nel frattempo si deve comunque essere in grado di dare risposte ai disoccupati, soprattutto quelli più deboli: donne, giovani al primo impiego non dotati quindi di esperienza e gli over cinquanta che rischiano di essere tagliati fuori dal competitivo mondo del lavoro e ancora lontani dal pensionamento.
Purtroppo, negli anni in cui l’economia era in salute, non si è riusciti a capitalizzare al meglio la situazione e, con lungimiranza, dotare il sistema degli anticorpi utili qualora, come ora, una crisi occupazionale si fosse verificata, lasciando scoperte da protezioni e diritti fasce deboli della nostra comunità. Il PSD sottolinea quindi i provvedimenti che negli ultimi mesi ha posto all’attenzione della politica e della cittadinanza tutta: regole certe per l’assunzione dei lavoratori, compreso il superamento delle attuali graduatorie per un accesso al lavoro più rapido ed ottimale, l’unificazione del mercato del lavoro pubblico e privato, stage aziendali e programmi di formazione per giovani lavoratori all’estero sovvenzionati dal Fondo Servizi Sociali; e ancora: costituzione di un Fondo Flessibilità del Lavoro che intervenga dopo Cassa Integrazione e Mobilità, nelle situazioni straordinarie di passaggio da un lavoro all’altro in condizioni di precarietà, o di malattie invalidanti o per integrare i salari insufficienti oppure quando è necessario un percorso di riqualificazione complesso; infine, ma non per ordine di importanza: definire forme di pre-pensionamento per i lavoratori con un’età pari o superiore a cinquantasette anni con almeno venti anni di contribuzione.
Il PSD ritiene che non sia possibile superare le problematiche evidenziate con demagogia o superficialità: al contrario serve grande coesione e capacità di confronto con tutte le forze rappresentative del Paese, a partire da quelle politiche, sindacali e datoriali. Le soluzioni alla crisi ed alla mancanza di lavoro devono essere un elemento unificante e non di distinguo.
Occorre tornare alla politica delle idee, abbandonando quella degli interessi - Giuliano Tamagnini (CSdL)
Il paese, non potendo ancora esprimere una classe politica nuova, dovrebbe orientarsi verso la scelta di un “governo tecnico” che esprima le migliori personalità di San Marino per onestà e attaccamento al paese. Questa non è antipolitica, ma un modo per ridare alla politica il suo ruolo di servizio al paese
La crisi internazionale non accenna a diminuire perché i rimedi posti in essere dai mandati politici del capitalismo mondiale, non producono il risultato di fare ripartire l’economia. Infatti la loro ricetta, che consiste nel diminuire le condizioni retributive e di diritto delle vaste masse di lavoratori, produce unicamente stagnazione economica quando non addirittura recessione. Lo sanno tutti che l’economia dal dopoguerra ad oggi è cresciuta quanto più si sono sviluppati i diritti democratici di vaste fasce di popolazione. È opportuno affermare con forza che non vi è sviluppo senza democrazia e che si deve cominciare a pensare che ci può essere sviluppo anche senza crescita. Lo sviluppo senza crescita consiste nel modificare il nostro sistema di consumi, cambiare il modo di utilizzare le risorse naturali, diminuire sempre più l’impiego dei combustibili fossili che stanno uccidendo il pianeta, a favore dell’utilizzo di fonti energetiche pulite e rinnovabili.
Nel settore delle energie rinnovabili possiamo tornare a crescere mentre in altri settori dobbiamo pensare ad un uso più parsimonioso delle risorse. Prima di tutto però è necessario pensare alla rifondazione di un equilibrio democratico che per effetto della crisi sta scemando; infatti il capitale pensa che si possa uscire dalla crisi attaccando la democrazia. Io penso invece che si esca attraverso una rimodulazione delle risorse fra capitale e lavoro, che devono tornare a favore di quest’ultimo, e non - come negli ultimi anni - spostando le risorse nei forzieri del grande capitale mondiale, attraverso la finanziarizzazione estrema dell’economia.
In tale contesto, a mio parere è auspicabile che la politica, quella delle idee al servizio della popolazione e non quella qualunquista degli interessi economici, ritorni a svolgere il proprio ruolo di rappresentanza reale delle esigenze sociali e non di quelle prettamente economiche, perché chi detiene il potere economico, o ne è l’espressione quando addirittura è la stessa cosa, è in grado di controllare anche il potere politico, o si determina un sistema che di democratico ha ben poco.
Nello scenario descritto si colloca il nostro piccolo paese, che in un recente passato è stato interessatamente e indistrubatamente lasciato ad arricchirsi, di una ricchezza effimera basata sul drenaggio di ingenti risorse economiche, anche di provenienza malavitosa, principalmente dal territorio italiano. Perché, deve essere chiaro, i paradisi fiscali o pseudo tali sono generati non tanto dal piccolo paese che li ospita, ma dai grandi flussi di capitali ed interessi provenienti dal paese infinitamente più grande che lo contiene.
Nel nostro caso è evidente che a volere una San Marino border line fra soldi della malavita e delle evasioni fiscali, sono stati i nostri amati vicini italiani. Ora questi traffici sporchi non sono più tollerati a livello internazionale, anche perché la crisi prosciuga risorse a tutti gli stati, che hanno bisogno di rimpinguarle anche attraverso la lotta all’evasione. Ad essere buoni, diciamo che San Marino in questo contesto non ha fatto altro che offrire gli strumenti dell’anonimato societario e del segreto bancario alla bisogna di capitali stranieri che avevano e che hanno necessità di nascondersi. Non c’era però bisogno di essere dei maghi dell’alta finanza per capire che tutto questo non avrebbe potuto durare a lungo.
Non mi dilungo sulla necessità di trasparenza dell’intero nostro sistema economico, perché lo considero un dato acquisito; mi chiedo solo perché la nostra classe politica non si stia per niente interessando a ciò. La risposta è purtroppo semplice: sono coinvolti fino ai capelli con un sistema economico che ha ben poco di trasparente e non hanno né la capacità, né la lungimiranza di programmare un nuovo modello di sviluppo che sia basato sulla trasparenza e sia pienamente integrato con il contesto geografico ed economico in cui è collocata San Marino. Come dicevo, non occorre essere dei maghi per capire che l’economia di un piccolo paese come San Marino si deve integrare prima di tutto con il circondario, in un contesto di sinergia, favorendo ricadute economiche sui territori limitrofi e non sottraendo risorse come è accaduto finora. Come ci ha insegnato la crisi finanziaria mondiale, la base economica non può essere che quella a cui ogni paese normale può legittimamente aspirare; economia reale, quindi produzione e servizi che realizzano ricchezza, un sano e trasparente settore bancario che raccolga capitali puliti a livello internazionale per essere rimessi in circolazione a sostegno dell’economia reale di San Marino e dei territori circostanti.
Il commercio e il turismo, vista anche la storica vocazione e la collocazione geografica di San Marino, come utile corollario e completamento di un sistema economico che così può tornare ad essere virtuoso e distribuire ricchezza ben oltre i nostri esigui confini. Ma c’è un però. La classe politica che ha generato quell’economia opaca, quando non addirittura nera, può contribuire a rilanciarne una nuova e trasparente? In altre parole, chi è causa del male può esserne anche la cura? Io penso di no, e mi sembra che in questi ultimi tempi la pensino così anche vaste aree di popolazione, principalmente i giovani.
Anni fa, precisamente il 22 luglio 2008, ebbi occasione di scrivere che questo paese, non potendo esprimere una classe politica nuova perché troppo a lungo dominata da oligarchie che non hanno esitato a trasformare il suffragio universale in una scandalosa tratta di voti pagati anche con i soldi della criminalità organizzata, doveva orientarsi verso la scelta di un “governo tecnico” composto dalle migliori personalità di San Marino per onestà e attaccamento al paese, con tutte le forze politiche impegnate a sostenerlo nel realizzare un programma politico di emergenza approvato dalla popolazione in una specie di moderno Arengo che superi tutti i filtri della politica e dei partiti.
Pertanto, credo che l’intera classe politica debba fare un passo indietro, ammettendo la propria inadeguatezza, che ha causato gravi danni al paese, rinunciando per un po’ alla gestione diretta del potere, quindi evitando di collocare propri uomini nel Congresso di Stato. Quindi, si faccia un governo di tecnici, che tenga per un po’ di tempo la politica lontano dalle stanze del potere, che realizzi le grandi riforme di cui il paese non può fare a meno, e trasformi San Marino in una moderna democrazia liberale e che gestisca le prossime elezioni politiche.
Questa non è antipolitica, anzi io credo fortemente nella politica al servizio della gente; questo è un modo per ridare la possibilità ai partiti di ritornare a fare la politica delle idee e non degli interessi, e dare a questo paese almeno in questo 1° maggio un po’ di fiducia per il futuro. Credo che ancora oggi questa sia l’unica strada percorribile, perché i partiti tradizionali non rappresentano più le aspirazioni di blocchi sociali storici; il superamento della politica classista ha portato tutti a volere rappresentare tutti, con il risultato di fatto di non rappresentare più la società civile ma solo gli interessi particolari.
PER SAN MARINO
Il nostro movimento ritiene che in questo Primo Maggio non ci sia niente da festeggiare e rivolge il suo preoccupato pensiero alla disastrosa situazione in cui è stato portato il Paese per una pessima gestione dei tanti governi e di questo in particolare.
La disoccupazione aumenta, i giovani non hanno una prospettiva di lavoro così come quelli che sono in mobilità, in particolare le donne. Le imprese chiudono l’attività per la difficoltà di commerciare con l’Italia e per la mancanza di accordi economici con altri Stati. Il settore finanziario viene sempre più indebolito per l’azione punitiva in atto. I conti dello Stato fanno acqua da tutte le parti con l’aumento del debito pubblico e con il mantenimento della spesa clientelare. Non esiste un progetto di futuro e i cittadini sono tenuti sempre più lontani dalla vita pubblica. I partiti continuano a recitare malamente nel teatrino del Palazzo ed a manovrare con gli inciuci e con le cene per soddisfare le ambizioni e gli interessi personali dei soliti noti in netto contrasto con quelli generali.
Il cambiamento, la trasparenza ed il rinnovamento sono solo di facciata e vengono smentiti dagli organismi internazionali e dagli scandali a ripetizione. I fondi di riserva pensionistici sono utilizzati a piacimento e collocati a rischio mettendo a repentaglio l’intero sistema. Si tratta la delicatissima situazione della Cassa di Risparmio in seduta segreta e si conducono giochi politici indecenti per impadronirsi dell’istituto sorto dalla mutualità e dalla cultura del bene comune a presidio delle famiglie sammarinesi.
Non possiamo dunque festeggiare. Però intendiamo, in questa gloriosa ricorrenza, confermare il nostro impegno per contribuire a salvare la Repubblica e a ridare San Marino ai sammarinesi.
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