A San Marino ci sono spazi e margini per progettare le pensioni di domani. Ne è convinto Raffaele Bruni, esperto della materia e relatore della conferenza promossa ieri dalla CDLS sul futuro del sistema previdenziale. Il fattore tempo però è essenziale, perché se il cambiamento viene imposto dall’emergenza dei numeri, la politica e le parti sociali perdono il loro ruolo. Una valutazione pienamente condivisa dal Segretario di Stato per la sanità che ha indicato il 2005 come data limite per la riforma, dopo – ha sottolineato – non ci sarebbero più i tempi per agire con tranquillità. Massimo Rossini presenterà le proposte del Governo in una prossima seduta del Consiglio Grande e Generale. Queste, ha anticipato, prevedono l’integrazione del sistema pubblico a ripartizione attraverso forme di capitalizzazione, l’aggiornamento dell’età pensionabile, il riequilibrio dei fondi, il superamento dei regimi speciali e l’innalzamento del minimo contributivo a 20 anni. La riforma delle pensioni, ricorda Rossini, non è una priorità è la priorità. Non possiamo gestire il bilancio dello Stato sapendo che una buona parte corre il rischio di coprire il buco pensioni.
La CDLS invita a completare il sistema, assegnando alla previdenza obbligatoria a ripartizione un ruolo centrale, con forme di previdenza complementare a capitalizzazione. Questo nuovo pilastro però, ricorda Marco Beccari, deve basarsi su strumenti di natura contrattuale e collettiva. Questo non significa che il secondo pilastro avrà una connotazione pubblica ma che sarà amministrato e controllato dalle parti sociali. Secondo alcuni calcoli prudenziali, con una adesione di 18mila lavoratori e una contribuzione annua di 1500 euro, in 20 anni il sistema a capitalizzazione collettivo potrebbe accumulare oltre 700 milioni di euro, arrivando in 30 anni a pesare più del 50% del prodotto interno lordo di San Marino.
La CDLS invita a completare il sistema, assegnando alla previdenza obbligatoria a ripartizione un ruolo centrale, con forme di previdenza complementare a capitalizzazione. Questo nuovo pilastro però, ricorda Marco Beccari, deve basarsi su strumenti di natura contrattuale e collettiva. Questo non significa che il secondo pilastro avrà una connotazione pubblica ma che sarà amministrato e controllato dalle parti sociali. Secondo alcuni calcoli prudenziali, con una adesione di 18mila lavoratori e una contribuzione annua di 1500 euro, in 20 anni il sistema a capitalizzazione collettivo potrebbe accumulare oltre 700 milioni di euro, arrivando in 30 anni a pesare più del 50% del prodotto interno lordo di San Marino.
Riproduzione riservata ©