Stipendi non pagati, in tre anni superata quota 3milioni di euro. La cifra emerge dal numero di vertenze aperte dalla Federazione Industria e dalla Federazione Servizi della CSU in commissione conciliativa. “Insieme ai licenziamenti e alle chiusure aziendali - affermano le Federazioni sindacali - la voce recupero crediti rappresenta un altro pesante contraccolpo di questa interminabile crisi, che spesso incrudelisce la già difficile situazione di chi ha perso il posto di lavoro”.
Dalla trincea delle Federazioni Industria (FLI) e Servizi (FULCAS) i numeri spiegano meglio di tante parole: nell’ultimo triennio le controversie aperte in commissione conciliativa sono state 712, il 90% dovute al mancato pagamento di stipendi.
Dal 2012 al 2014 il totale delle vertenze aperte dalla FLI-CSU sono state 483, con un ritmo di oltre 100 all’anno. Mentre nei settori dell’edilizia, del commercio e dei servizi la FULCAS-CSU ha seguito complessivamente 229 casi.
Stando ai calcoli delle federazioni sindacali, la media degli stipendi non pagati è stata di 5mila euro, il che significa che nell’ultimo triennio il volume dei compensi oggetto di vertenza ha superato abbondantemente la cifra di 3 milioni di euro (3.560).
Le aziende motivano i mancati pagamenti in diversi modi: debiti pregressi aggravati dalla crisi, insolvenza dei clienti, ma anche mancato sostegno da parte del sistema creditizio.
Su tutto emerge, specialmente nel settore servizi, la scarsa capitalizzazione delle imprese, ovvero l’assenza di beni da aggredire a tutela dei creditori. Una debolezza del sistema imprenditoriale che si ripercuote anche sulla riscossione della monofase e sul pagamento dei contributi.
“Se è vero - concludono FLI e FULCAS della CSU - che buona parte di crediti si possono recuperare attraverso le azioni promosse dal sindacato, tanti altri sfociano in procedure fallimentari che rendono quasi impossibile la riscossione, lasciando aperta la sola strada del Fondo Servizi Sociali, strada che comunque consente recuperi parziali. È insomma il mondo del lavoro quello che sta pagando i costi più alti della crisi. Con un ritmo di 500-700 licenziamenti all’anno e oltre mille chiusure aziendali, è urgente una terapia d’urto per invertire la rotta. Sviluppo e occupazione sono promesse che devono tradursi in fatti concreti. Non c’è tempo da perdere”.
Dalla trincea delle Federazioni Industria (FLI) e Servizi (FULCAS) i numeri spiegano meglio di tante parole: nell’ultimo triennio le controversie aperte in commissione conciliativa sono state 712, il 90% dovute al mancato pagamento di stipendi.
Dal 2012 al 2014 il totale delle vertenze aperte dalla FLI-CSU sono state 483, con un ritmo di oltre 100 all’anno. Mentre nei settori dell’edilizia, del commercio e dei servizi la FULCAS-CSU ha seguito complessivamente 229 casi.
Stando ai calcoli delle federazioni sindacali, la media degli stipendi non pagati è stata di 5mila euro, il che significa che nell’ultimo triennio il volume dei compensi oggetto di vertenza ha superato abbondantemente la cifra di 3 milioni di euro (3.560).
Le aziende motivano i mancati pagamenti in diversi modi: debiti pregressi aggravati dalla crisi, insolvenza dei clienti, ma anche mancato sostegno da parte del sistema creditizio.
Su tutto emerge, specialmente nel settore servizi, la scarsa capitalizzazione delle imprese, ovvero l’assenza di beni da aggredire a tutela dei creditori. Una debolezza del sistema imprenditoriale che si ripercuote anche sulla riscossione della monofase e sul pagamento dei contributi.
“Se è vero - concludono FLI e FULCAS della CSU - che buona parte di crediti si possono recuperare attraverso le azioni promosse dal sindacato, tanti altri sfociano in procedure fallimentari che rendono quasi impossibile la riscossione, lasciando aperta la sola strada del Fondo Servizi Sociali, strada che comunque consente recuperi parziali. È insomma il mondo del lavoro quello che sta pagando i costi più alti della crisi. Con un ritmo di 500-700 licenziamenti all’anno e oltre mille chiusure aziendali, è urgente una terapia d’urto per invertire la rotta. Sviluppo e occupazione sono promesse che devono tradursi in fatti concreti. Non c’è tempo da perdere”.
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