Che si sia trattato di un atto di terrorismo - nonostante l'iniziale cautela delle Autorità - non sembrano esserci dubbi. Sono da poco passate le 16, a Melbourne, quando un uomo di colore – la cui identità non è ancora stata resa nota – lancia il suo pick up contro un centro commerciale. Il veicolo, si scopre in seguito, era riempito di bombole di gas; l'obiettivo – dunque – era di provocare una vera e propria strage. Il mezzo viene dato alle fiamme dall'attentatore, che inizia a menare fendenti – con un coltellaccio – sui passanti. Per uno di loro non c'è scampo; altri due restano feriti. Il killer aggredisce poi alcuni agenti, prontamente intervenuti, e spalleggiati da un coraggioso cittadino. I poliziotti tentano senza successo di contenere la furia dell'uomo. Viene utilizzato spray al peperoncino, poi il taser; inevitabile – infine – l'utilizzo dell'arma da fuoco. L'aggressore viene colpito al petto; morirà poco dopo in ospedale. Secondo fonti di stampa si tratterebbe di un somalo, già noto alle agenzie di Intelligence, e con legami con gruppi estremisti nordafricani; durante l'azione – ha riportato un testimone oculare – avrebbe gridato “Allah u Akbar”. Era uno dei nostri “combattenti”; ha precisato il sedicente Stato Islamico, rivendicando l'attentato tramite l'agenzia Amaq. Per la città australiana – insomma - un'altra giornata di terrore; come nel dicembre 2017, quando un uomo si lanciò sulla folla con un Suv, provocando 19 feriti. Sei mesi prima, invece, un individuo – anche in quel caso di origini somale -, aveva preso in ostaggio una donna ed ucciso un uomo, prima di essere a sua volta abbattuto dalla polizia. Pure in quella occasione l'attacco venne rivendicato dall'Isis.
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