Immagini choccanti, quelle trasmesse dai media. Inevitabili i paragoni all'assalto di due anni fa a Capitol Hill. Anche questa volta, ad innescare i tumulti, il mancato riconoscimento di un verdetto elettorale; che ha spinto migliaia di “bolsonaristi” ad attaccare i palazzi del potere di Brasilia. Riferimento identitario la maglia verde-oro della Nazionale; puro teppismo, per il resto. Un'esplosione di caos durata ore; timori di un golpe imminente – blocchi stradali -, mentre i funzionari governativi venivano evacuati con mezzi aerei. Si trovava invece nello Stato di San Paolo, il Presidente in carica. Lula, visibilmente alterato, ha parlato di attacco “vandalo e fascista”. Poi la firma al decreto che ha permesso di sbloccare la situazione, con l'intervento delle forze federali. 1.200 gli arresti; si parla di decine di feriti, 6 dei quali in gravi condizioni. Jair Bolsonaro, ritenuto in un qualche modo responsabile morale di quanto accaduto, ha condannato le violenze dal suo “buen retiro” in Florida. Biden ha espresso dal canto suo “pieno sostegno” alle istituzioni democratiche del Brasile. Ma nel colosso sudamericano le faglie – politiche, economiche, sociali – sono ormai evidenti. E non mancano altri segnali inquietanti; l'esercito – nella notte - avrebbe impedito alla polizia l'ingresso nell'area di Brasilia dove sono accampati molti seguaci dell'ex Presidente.
Una tempesta che preoccupa Papa Francesco. Parlando al corpo diplomatico ha oggi posto l'accento sulle crisi politiche che hanno scosso “diversi Paesi del continente americano”. Il Pontefice ha poi rivolto lo sguardo all'Ucraina; cessi “immediatamente questo conflitto insensato”, ha detto; e non è mancata un'invocazione, forte, a “procedere sulla via di un disarmo integrale, poiché nessuna pace – ha sottolineato - è possibile laddove dilagano strumenti di morte”. Appelli inascoltati; nel Donbass infuriano i combattimenti, e l'attrito imposto da Mosca potrebbe alla lunga rivelarsi insostenibile per Kiev, pur sostenuta in modo massiccio dall'Occidente. L'avanzata in profondità nella roccaforte di Soledar rischia di scardinare l'assetto difensivo ucraino nell'intero settore. Alcuni media avevano riferito in queste ore di un presunto annuncio – delle autorità separatiste del Donetsk – riguardante la conquista di Bakhmut. Una svista, forse. La fonte citata, infatti – l'agenzia russa Tass -, fa riferimento piuttosto al piccolo insediamento di Bakhmutskoye, a sud di Soledar e vicino alla città di Bakhmut. Nodo strategico, pesantemente fortificato, e fino ad ora difeso con successo dalle forze ucraine.