La Brexit è ormai questione di ore: il Regno Unito lascerà l'Unione Europea esattamente alla mezzanotte di domani, le 23 a Londra. Oggi l'ultimo atto del divorzio con il voto del Consiglio Europeo, dopo quello di ieri da parte del Parlamento.
Da sabato comincia l'era Brexit anche se per un anno, durante il quale dovranno essere negoziati molti aspetti attuativi del divorzio, i cambiamenti concreti saranno limitati. E' tuttavia l'inizio della fine di una relazione immaginata da Churchill e cominciata ufficialmente nel 1973 quando Londra riuscì ad aderire a quella che all'epoca si chiamava Comunità Europea, dopo che nel 1963 e nel 1967 l'ingresso era stato negato per l'opposizione del Presidente francese De Gaulle.
Appena due anni dopo, su iniziativa del partito laburista, uscito vincente alle elezioni, i britannici votarono un primo referendum sulla Brexit e i “remain” trionfarono con uno schiacciante 67,2%. Nel 1984 affiorano forti segnali di euroscetticismo oltre-manica e il primo ministro Margareth Thatcher riesce a rinegoziare con successo uno sconto per ridurre il contributo britannico al bilancio europeo del 66%.
Nel 1993 la Gran Bretagna firma il trattato di Maastricht: da unione economica si passa ad un progetto di unione politica ma proprio in quell'anno nasce lo Ukip di Nigel Farage che 23 anni più tardi cavalcherà l'Uscita dall'Ue. Londra aderisce, solo brevemente, al sistema monetario europeo e resta fuori dall'Euro, senza alcun meccanismo di stabilità nel cambio.
Nel 2015 il premier Tory Cameron, contrario alla Brexit, promette ai britannici di indire un referendum per l'uscita dall'Ue e nel 2016 il “Leave” vince con il 51,89%. La consultazione non è vincolante ma Londra attiva l'articolo 50 del trattato sull'Unione Europea e il premier Tory Johnson, dopo le difficoltà di Theresa May, riesce a chiudere il cerchio vincendo le elezioni dello scorso dicembre per ottenere una ampia maggioranza che vota l'accordo definitivo.