Uno choc, per i vertici statunitensi, l'attacco con droni all'avamposto al confine siro-giordano. Il Pentagono ha diffuso le foto dei 3 militari caduti; come per chiamare il Paese a raccolta, di fronte a quella che appare una sfida aperta – per certi versi inaudita - agli asset mediorientali della Superpotenza.
Dietro vi sarebbe Teheran: su questo a Washington nessuno ha il minimo dubbio; e stando al Wall Street Journal si starebbero vagliando 3 opzioni. Quella più “morbida” sono ulteriori sanzioni economiche; oppure raid militari contro la galassia di proxy sciiti nel quadrante. Infine l'idea di un attacco in territorio iraniano; che equivarrebbe ad un diretto coinvolgimento nel conflitto che sta incendiando la Regione. Ciò che la Casa Bianca sin dall'inizio aveva cercato di scongiurare, avendo già troppi fronti aperti. Potrebbe incidere però la campagna elettorale in corso; visto anche il pesante gap di popolarità di Biden, già incalzato peraltro da alcuni repubblicani: favorevoli all'ipotesi più estrema.
Il Presidente ha dichiarato oggi di aver preso una decisione; senza fornire però ulteriori indicazioni, se non la volontà di evitare un allargamento del conflitto. E' possibile che all'attacco contro le truppe Usa ci sia una risposta “a più livelli”, ha poi precisato il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby nel briefing a bordo dell'Air Force One. In attesa Teheran.
A sostenere l'attrito con i rivali della Repubblica Islamica, fino ad ora, i cosiddetti “attori per procura”. Da Hezbollah agli Houthi, che si sono detti pronti ad un “confronto di lungo periodo” con Stati Uniti e Regno Unito: definiti “forze della tirannia”. In secondo piano, ormai, nella retorica fiammeggiante delle milizie yemenite, i riferimenti ad Israele e a Gaza.
Ma resta il futuro della Striscia il punto nodale della crisi. Da decifrare le reazioni alla proposta mediata a Parigi. Il potenziale accordo, fa sapere una fonte di Hamas, prevede 3 fasi: prima il rilascio di donne, bambini e anziani israeliani; poi i soldati, infine la restituzione dei morti; con una graduale cessazione delle ostilità. Non ancora deciso invece il numero dei detenuti palestinesi da rilasciare.
In precedenza Netanyahu era stato tranchant: “non ritireremo l'esercito da Gaza e non libereremo centinaia di detenuti”. Piuttosto esplicito anche il Ministro della Difesa Gallant; che vede nel dopoguerra un controllo militare israeliano della Striscia. Un rifiuto a priori, di una intesa con Hamas, è stato espresso invece dal Ministro della Sicurezza dello Stato Ebraico. Idea “irresponsabile”, ad avviso di Ben Gvir; significherebbe – ha sottolineato - “la spaccatura del Governo”.