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Covid-19: l'esodo degli stranieri dai Paesi del Golfo

La corrispondenza di Elisabetta Norzi

28 giu 2020
La corrispondenza di Elisabetta Norzi
La corrispondenza di Elisabetta Norzi

Dal 7 di luglio Dubai aprirà di nuovo al turismo, con tampone obbligatorio per chi entra nel Paese, mentre migliaia di lavoratori stranieri stanno lasciando gli Emirati Arabi via via che riprendono i collegamenti aerei. E per tutti i Paesi del Golfo si comincia a parlare di esodo: l'impatto della pandemia di Covid-19 sommata al crollo del prezzo del petrolio, secondo Oxford Economics Middle East, porterà ad una riduzione fino al 10% della popolazione. Costringendo migliaia di lavoratori a tornare nei loro Paesi di origine o a ridurre i flussi delle rimesse.

L'Organizzazione internazionale del lavoro ha dichiarato che oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo sono a rischio di riduzioni salariali o perdita del lavoro, mentre secondo la Banca Mondiale le rimesse dei migranti verso i Paesi in via di sviluppo quest'anno scenderanno, globalmente, del 20%, ovvero di 100 miliardi di dollari.  E l'impatto è particolarmente evidente in una città come Dubai, dove circa il 90% della popolazione è straniera, e dove potrebbero perdere il lavoro 900.000 persone, su 9,6 milioni di abitanti, in tutti i campi e a tutti i livelli, dagli operai edili ai manager, agli insegnanti, ai medici. I settori più colpiti sono quelli delle costruzioni, della vendita al dettaglio, della ristorazione, e del turismo: secondo Bloomberg la Emirates, più grande compagnia aerea a lungo raggio del mondo, avrebbe in programma di tagliare 30.000 posti, ben il 30% della sua forza lavoro.

Ma anche le economie delle altre monarchie del Golfo dipendono largamente dai lavoratori stranieri, che non hanno però diritto alla cittadinanza o alla residenza permanente: il visto, anzi, è strettamente legato al lavoro; se non si ha più un impiego, bisogna rimpatriare.  In Arabia Saudita si prevede che circa 1,2 milioni di lavoratori espatriati lasceranno il Paese, mentre il Kuwait ha deciso di interrompere l'assunzione di expat, in particolare per il settore petrolifero, e di ridurre la popolazione straniera dal 70% al 30%.

Intanto, come sta accadendo qui negli Emirati Arabi, i Governi cominciano a cambiare alcune norme, finora molto rigide, per arginare la disoccupazione: come l'estensione fino alla fine dell'anno dei visti di residenza scaduti, la possibilità di spostarsi da un datore di lavoro ad un altro più facilmente o favorire l'assunzione di persone già residenti qui, mentre le banche forniscono prestiti senza interessi ad imprese e famiglie in difficoltà.

Elisabetta Norzi


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