“Avere a che fare con il regime siriano è una realtà triste ma inevitabile”. Hanno titolato così i quotidiani emiratini, dopo l'annuncio ufficiale che Emirati Arabi, Bahrein e Kuwait hanno riaperto le loro ambasciate a Damasco. In Siria si apre dunque una nuova fase che vede il reimpegno dei Paesi del Golfo con il regime di Bashar Al Assad, sul quale pesano migliaia di morti e milioni di profughi, e la possibile riammissione della Siria nella LegaAraba, punto sul quale si discuterà a marzo, nel prossimo vertice della Lega a Tunisi.Le speranze di un cambio di regime del resto erano già svanite da tempo, a partire dalla caduta di Aleppo a favore delle forze di Assad nel gennaio 2017, ma il colpo finale è stato il recente annuncio del presidente degli Stati Uniti –seppur in parte ridimensionato in questi ultimissimi giorni -di voler ritirare i 2000 soldati americani presenti in Siria. E anche se il Segretario di Stato americano Mike Pompeo è ora in visita nei Paesi del Golfo per rassicurare gli alleati mediorientali sull'impegno degli Stati Uniti nella regione, ormai qui nessuno fa più affidamento su Trump, tanto che sui quotidiani si comincia a mettere in discussione anche "l'accordo del secolo" promesso dal presidente americano per risolvere la questione palestinese, i cui dettagli rimangono così segreti -scrivono i giornali -che in molti sono giunti alla conclusione che questo accordo non esista affatto. Anwar Gargash, Ministro di Stato per gli Affari Esteri emiratino, ha dichiarato su Twitter che un ruolo arabo in Siria in questo momento è diventato necessario, per combattere la crescente influenza di Turchia e Iran.
"Gli Emirati Arabi –ha scritto -stanno lavorando per attivare questo ruolo attraverso la presenza a Damasco" e ha aggiunto come gli Emirati, che non sono mai stati entusiasti nel sostenere i gruppi armati ribelli siriani e che hanno preferito lavorare con Giordania e Stati Uniti principalmente per iniziative umanitarie e di intelligence, si augurano di contribuire a una soluzione politica alla guerra civile in Siria. Con la normalizzazione dei rapporti con Assad, le nazioni del Golfo sperano quindi di ritagliarsi un po' di spazio: per la corsa alla ricostruzione di una Siria distrutta e per bilanciare l’influenza della Turchia e dell’Iran, ma questa volta insieme a Mosca, che ha i loro stessi interessi.
Elisabetta Norzi
"Gli Emirati Arabi –ha scritto -stanno lavorando per attivare questo ruolo attraverso la presenza a Damasco" e ha aggiunto come gli Emirati, che non sono mai stati entusiasti nel sostenere i gruppi armati ribelli siriani e che hanno preferito lavorare con Giordania e Stati Uniti principalmente per iniziative umanitarie e di intelligence, si augurano di contribuire a una soluzione politica alla guerra civile in Siria. Con la normalizzazione dei rapporti con Assad, le nazioni del Golfo sperano quindi di ritagliarsi un po' di spazio: per la corsa alla ricostruzione di una Siria distrutta e per bilanciare l’influenza della Turchia e dell’Iran, ma questa volta insieme a Mosca, che ha i loro stessi interessi.
Elisabetta Norzi
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