Ormai una consuetudine i tour diplomatici del Segretario di Stato americano. Antony Blinken ha fatto tappa in giornata al Cairo e a Doha. Obiettivo rompere lo stallo nel quale è finita la bozza di accordo per Gaza mediata a Parigi. Il premier del Qatar ha parlato di una “risposta positiva” di Hamas sull'intesa per gli ostaggi. La fazione islamica ha tuttavia insistito in seguito sulla richiesta di un “cessate il fuoco totale e comprensivo”; confermando comunque di avere inviato una risposta. Blinken ne discuterà domani in Israele. Tetragono Netanyahu – fino ad ora - nella volontà di proseguire fino alla “vittoria completa”.
Senza curarsi delle tempistiche; e neppure dei tanti che – in Patria – chiedono si faccia di tutto per il rilascio degli ostaggi. Stando al New York Times, peraltro, almeno 32 – dei 136 rapiti ancora nell'exclave – sarebbero morti. La maggior parte – secondo fonti di Tsahal - proprio il 7 Ottobre: il giorno della mattanza che sconvolse lo Stato Ebraico, mettendone pesantemente in discussione il principio di dissuasione.
Da qui la durezza della risposta. In continua crescita la conta delle vittime nella Striscia, così come le pressioni di varie cancellerie sui vertici israeliani. E pare una indiretta conferma del momento difficile a livello internazionale, l'accoglienza riservata oggi ad un personaggio controverso come Javier Milei; che ha ribadito la propria intenzione di trasferire l'ambasciata argentina da Tel Aviv a Gerusalemme. Nelle stesse ore nuove proteste contro la consegna di aiuti umanitari a Gaza; centinaia di manifestanti al valico di Kerem Shalom.
E' come se una spirale di rancore avviluppasse l'intera Regione: dal Libano al Mar Rosso. Per nulla intimiditi gli Houthi dai raid angloamericani. Droni su un cargo di proprietà britannica che navigava al largo dello Yemen; e minacce di un'ulteriore intensificazione delle azioni. Sullo sfondo le tensioni crescenti tra Washington e Teheran, dopo la rappresaglia ordinata dalla Casa Bianca, per l'attacco alla base al confine siro-giordano. Gli Stati Uniti – ha tuonato l'ambasciatore iraniano all'ONU– hanno violato la sovranità di Siria ed Iraq. Il Presidente Raisi si è invece rivolto ai Paesi islamici dell'area, chiedendo per quale motivo mantengano relazioni con Israele. Dito puntato, insomma, contro gli “Accordi di Abramo”: incubo strategico il loro perfezionamento, per la Repubblica Islamica.