Metodica, incessante, la pressione di Tsahal sui gruppi armati della Striscia. Colpiti nelle ultime 24 ore oltre 450 obiettivi, è stato detto; preso il controllo di un compound militare, ed ucciso – a quanto pare – il responsabile delle operazioni speciali di sicurezza di Hamas: Jamal Mussa. Senza compromessi i raid per destrutturare la catena di comando delle milizie: probabile prologo alla vera e propria spallata all'interno di Gaza City: ormai accerchiata. Vista l'abnorme densità abitativa della Striscia, tutto ciò ha tuttavia conseguenze impressionanti sui civili. Le autorità sanitarie dell'exclave – diretta emanazione di Hamas – parlano di più di 200 palestinesi uccisi, la notte scorsa, durante gli attacchi.
Situazione che potrebbe portare ad un progressivo isolamento dello Stato Ebraico; pur ferito nel profondo dalla tragica mattanza del 7 ottobre. Compatte le Agenzie dell'ONU nel richiedere un cessate il fuoco. I vertici militari israeliani sollecitano piuttosto a più riprese lo spostamento dei civili verso il sud della Striscia - ormai divisa in due sacche - tramite il corridoio di Salah-al-Din Street; indicando finestre temporali di qualche ora. Resta invece interdetto all'uscita degli stranieri, per il quarto giorno, il valico di Rafah.
Decisione, pare, di Hamas; che chiede in cambio l'evacuazione sicura dei feriti dal nord di Gaza: a tutti gli effetti zona di guerra, e già teatro di aspri combattimenti ravvicinati tra le forze in campo. Sul piano diplomatico prosegue l'ennesima missione mediorientale di Anthony Blinken; con l'obiettivo di impedire un allargamento del conflitto su scala regionale, perché a quel punto Washington potrebbe trovarsi costretta ad intervenire in modo diretto. Oggi l'incontro fra il Segretario di Stato e l'omologo turco. In contemporanea l'hard power della deterrenza, con il dispiegamento di un sottomarino nucleare nel quadrante dove già operano due gruppi d'attacco di portaerei.