Chiuso nel secondo lockdown e segnato da più di 8.000 contagi al giorno, Israele si è stretto intorno al Presidente Rivlin il quale, nel giorno del Kippur che inizia stasera e in cui si chiede perdono per i propri peccati, ha invitato il Paese a dedicare un pensiero alle vite stroncate dal virus.
“La pandemia e le sue vittime fanno pensare all'invisibile angelo della morte che fa il suo terribile lavoro in isolate stanze d'ospedale, senza che le famiglie possano dare un ultimo saluto ai loro cari, tenendosi per mano. Ricordiamo i sopravvissuti alla Shoah, i veterani immigrati, gli ebrei e gli arabi, i vecchi e i giovani. Erano tutti amati, avevano nomi e volti. Padri e figli, nonne e nonni, amici e conoscenti, vicini e colleghi. Una parte inscindibile della nostra vita. Che ci sia perdonato il peccato dell'incapacità, per non aver fatto abbastanza e non essere riusciti a salvarli”.
Il discorso di Rivlin ha indirettamente ricordato alla Nazione, proprio nell’anniversario della guerra del Kippur del 1973, che allora il Paese fu salvato solo dall'eroismo dei soldati semplici, nonostante gli errori dei leader politici che causarono migliaia di morti in battaglia. Anche oggi il governo sembra non essersi preparato seriamente alla guerra contro il virus, e gli esperti prevedono che il numero delle vittime possa essere superiore a quello del ‘73 e forse al totale di tutte le guerre di Israele.
Massimo Caviglia