La mossa dei militari è arrivata dopo giorni di crescente tensione con l'Esecutivo. Già dal novembre scorso, a dire il vero, non mancavano timori di un colpo di stato; i potenti vertici dell'Esercito birmano, infatti, avevano definito fraudolenta la vittoria alle ultime elezioni della formazione guidata da Aung San Suu Kyi. Un crescendo di tensioni sfociato nelle scorse ore con l'arresto – da parte delle Forze Armate - della Premio Nobel per la Pace, insieme ad altri alti esponenti della Lega nazionale per la democrazia, al Governo.
L'esercito ha intanto annunciato l'imposizione di uno stato di emergenza per la durata di un anno; al termine del quale sono state promesse nuove elezioni. Nel frattempo sono stati concessi pieni poteri al comandante in capo: Min Aung Hlaing. Tutti i voli sono bloccati. San Suu Kyi, dal canto suo, tramite il proprio portavoce ha esortato la popolazione a “non accettare il colpo di Stato”; pur chiedendo si evitino risposte avventate. Costernata la comunità internazionale; con un ferma condanna del golpe da parte delle Nazioni Unite, dell'UE e di vari Paesi, fra i quali gli Stati Uniti. Più cauta la Cina, che ha invitato a “salvaguardare la stabilità politica e sociale” del Paese.