Non sono chiari i motivi del blitz avvenuto questa notte nella striscia di Gaza, nel cui scontro a fuoco sono rimasti uccisi sei miliziani palestinesi e un comandante di Hamas, e durante il quale è morto anche un tenente colonnello dell'esercito israeliano.
L'incursione potrebbe sembrare la diretta conseguenza di quanto aveva annunciato il premier Netanyahu, sostenendo che "non esiste una soluzione politica per Gaza, come non ce n'è una per l'ISIS".
Ma il suo rinviare finora ogni tipo di intervento nella Striscia nonostante le pressioni, rende l'ipotesi improbabile.
Sembra invece che qualcosa sia andato storto, sia politicamente che militarmente.
Cosa c'era di così importante da portare a termine, a rischio di mettere in pericolo il cessate il fuoco raggiunto pochi giorni fa con l'aiuto del Qatar, al quale Israele ha permesso di trasferire quindici milioni di dollari per Hamas?
In fondo, l'aiuto economico era una prima crepa per rompere l’embargo imposto dall'Autorità palestinese, dall'Egitto e da Israele, come aveva sottolineato Netanyahu dichiarando "Vogliamo prevenire un crollo umanitario a Gaza, ed è ciò che stiamo facendo".
Il Primo ministro aveva difeso all'interno del Governo il pagamento a favore di Hamas, rimarcando "di stare facendo tutto il possibile per riportare la calma al confine con la Striscia".
Ma forse proprio l'assenza di Netanyahu, volato ieri a Parigi per le celebrazioni del centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, può aver convinto qualche suo avversario, anche se alleato all'interno della maggioranza, a fargli uno sgambetto e passargli la patata bollente al suo rientro oggi, spingendolo verso una politica più interventista.
In risposta al blitz, da Gaza sono stati lanciati cento missili, e un colpo di mortaio ha distrutto un autobus, ferendo gravemente un giovane.
L'esercito sta rispondendo ma, se l'inasprimento della violenza sfocerà in una guerra, sarà evidente chi ha riacceso il conflitto, in un momento per molti incomprensibile.
Massimo Caviglia
L'incursione potrebbe sembrare la diretta conseguenza di quanto aveva annunciato il premier Netanyahu, sostenendo che "non esiste una soluzione politica per Gaza, come non ce n'è una per l'ISIS".
Ma il suo rinviare finora ogni tipo di intervento nella Striscia nonostante le pressioni, rende l'ipotesi improbabile.
Sembra invece che qualcosa sia andato storto, sia politicamente che militarmente.
Cosa c'era di così importante da portare a termine, a rischio di mettere in pericolo il cessate il fuoco raggiunto pochi giorni fa con l'aiuto del Qatar, al quale Israele ha permesso di trasferire quindici milioni di dollari per Hamas?
In fondo, l'aiuto economico era una prima crepa per rompere l’embargo imposto dall'Autorità palestinese, dall'Egitto e da Israele, come aveva sottolineato Netanyahu dichiarando "Vogliamo prevenire un crollo umanitario a Gaza, ed è ciò che stiamo facendo".
Il Primo ministro aveva difeso all'interno del Governo il pagamento a favore di Hamas, rimarcando "di stare facendo tutto il possibile per riportare la calma al confine con la Striscia".
Ma forse proprio l'assenza di Netanyahu, volato ieri a Parigi per le celebrazioni del centenario dalla fine della Prima Guerra Mondiale, può aver convinto qualche suo avversario, anche se alleato all'interno della maggioranza, a fargli uno sgambetto e passargli la patata bollente al suo rientro oggi, spingendolo verso una politica più interventista.
In risposta al blitz, da Gaza sono stati lanciati cento missili, e un colpo di mortaio ha distrutto un autobus, ferendo gravemente un giovane.
L'esercito sta rispondendo ma, se l'inasprimento della violenza sfocerà in una guerra, sarà evidente chi ha riacceso il conflitto, in un momento per molti incomprensibile.
Massimo Caviglia
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