Negli Emirati non si riescono nemmeno ad immaginare le conseguenze di una guerra tra Stati Uniti ed Iran. Eppure, mai come in questi giorni, la tensione è salita tanto: l'invio della portaerei americana Lincoln nel Golfo, il "sabotaggio", come l'hanno definito qui, di quattro navi a largo del porto di Fujeirah, uno dei sette emirati che affaccia proprio sullo stretto di Hormuz. E poi l'attacco, dallo Yemen ad una pipeline in Arabia Saudita e i Tweet dell'Ambasciata americana di Abu Dhabi che invitano i cittadini a rimanere vigili.
Aldilà dell'incertezza intorno a questi attentati, seppur non gravi quanto a danni e conseguenze - le autorità locali ripetono che le indagini sono in corso e finora non hanno puntato il dito contro l'Iran -, quello che preoccupa è l'escalation della tensione che, dal maggio 2018, quando Trump ha ripristinato le sanzioni contro Tehran, non si è mai arrestata.
Come ha sottolineato Jeremy Hunt, capo della diplomazia britannica, quella che si teme ora è una "guerra accidentale": con un clima tanto caldo, anche un piccolo pretesto potrebbe incendiare la situazione. Lo stretto di Hormuz, sulle cui sponde si trovano Emirati, Oman e Iran, è infatti una delle zone più delicate del mondo e oltre alle 2000 petroliere che transitano ogni anno, si incrociano i fragili equilibri del Medio Oriente.
Il segretario generale dell'Opec ha sottolineato come quest'area abbia vissuto abbastanza tumulti e non si tratta di capacità, riferendosi ai barili di petrolio, ma di pace: "questa è una zona strategica - ha detto - qualunque cosa accada, ha un impatto sul resto del mondo". Parole che invitano alla moderazione anche quelle del Ministro degli affari esteri emiratino: “faremo di tutto – ha sottolineato - non solo per evitare una guerra, ma anche per allentare la tensione”.
E se da una parte Gli Stati Uniti e l'Arabia Saudita continuano ad alzare i toni, secondo quanto riportato dal New York Times Washington sarebbe già pronta ad inviare 120mila uomini, dall'altra parte Teheran, dopo le sanzioni che hanno ridotto le esportazioni di greggio di oltre 1 milione di barili al giorno, non si tira indietro: sta rafforzando la sua alleanza con Cina e Russia e ha annunciato di avere sospeso gli obblighi previsti dall’accordo sul nucleare.
Intanto qui a Dubai ci si augura, come è stato finora, che questa rimanga una guerra di parole, perché con la sponda sciita dello stretto di Hormuz i legami sono secolari e indispensabili per mantenere la stabilità politica ed economica di tutta la regione.
Elisabetta Norzi