Comunque vada il 7 luglio sarà una sconfitta per l'inquilino dell'Eliseo. Viste le distanze siderali non solo con la destra lepenista, ma anche con l'imprinting valoriale dell'altro mattatore del primo turno: la figura più carismatica dell'eterogeneo Nuovo Fronte Popolare, Melenchon. Senonché un'intesa con quest'ultimo pare inevitabile, per Macron, se davvero l'obiettivo è tenere lontano dalle stanze del potere il Raggruppamento Nazionale. Che già parla di “colpo di stato amministrativo”, per una messe di nomine – ad esempio fra i vertici delle forze dell'ordine - che il Presidente sarebbe in procinto di effettuare a pochi giorni dal ballottaggio. Sulla scia del resto di quella del commissario europeo Breton; come vi fosse un ansia di togliere margini di manovra al possibile neo-Premier Bardella. Marine Le Pen dal canto suo parla di un Esecutivo “già pronto”. Punta al bersaglio grosso della maggioranza assoluta, insomma, il Rassemblement National. Sempre che non si compatti quel fronte repubblicano sollecitato da Macron, e al quale ha già risposto presente il cartello delle sinistre; a differenza della destra gollista. L'incognita riguarda ora la stessa maggioranza presidenziale; da qui riunioni senza fine, sull'opportunità di desistenze anche con i rappresentanti de La France Insoumise di Melenchon. L'alternativa, numeri alla mano, parrebbe una coabitazione con la destra radicale. Forse per “bruciarla”, alla prova delle responsabilità; ma qui si sfocia nel campo della fantapolitica. Altro dato da valutare, di questa tornata, è il successo ottenuto da forze che avevano criticato le linee di politica estera del Presidente; in particolare l'assertività sul dossier ucraino. Il Premier polacco Tusk – fra i sostenitori della linea di massima pressione su Mosca –, ha espresso oggi la speranza che sulla scia di queste elezioni l'UE “non viva un terremoto sul piano politico”. Chi da subito aveva invece auspicato un appeasement con il Cremlino è Viktor Orban. Oggi in visita a sorpresa a Kiev – la prima dopo l'invasione -; in concomitanza con l'assunzione della presidenza semestrale dell'Unione Europea. In agenda colloqui con Zelensky; per discutere “la possibilità di costruire la pace”, ha fatto sapere il portavoce del premier ungherese. Che in passato aveva lamentato discriminazioni contro la minoranza magiara della Transcarpazia. Anche di questo, forse, discuteranno i due leader.