La settimana di Washington è stata dominata dalla caotica elezione del nuovo speaker della Camera dei rappresentanti, che ha richiesto quattro giornate di votazioni, ben 15, come non accadeva da 164 anni.
Quella che doveva essere una marcia trionfale per la nuova maggioranza repubblicana in una delle due Camere del Congresso, si è trasformata in uno psicodramma che ha messo in luce tutte le contraddizioni e le divisioni esistenti all'interno del partito di opposizione.
Il leader designato, il californiano Kevin McCarhy, si è scontrato contro il muro di una ventina di irriducibili dell'ala ultra conservatrice del suo partito, che per quattro giorni gli hanno fatto mancare i voti necessari per diventare il successore di Nancy Pelosi.
Uno spettacolo "imbarazzante", l'ha definito malignamente il presidente Joe Biden, mentre i Democratici, minoritari nella nuova Camera, si schieravano compatti dietro il loro nuovo leader, Hakeem Jeffries, dando prova di assoluta disciplina.
Nemmeno l'intervento di Donald Trump, che aveva invitato "tutti" i deputati repubblicani a schierarsi al fianco di McCarthy, è sembrato sortire alcun effetto.
Pur avendo fatto molte concessioni ai ribelli, in tema di regolamenti parlamentari e garanzie di posizioni di rilievo nelle commissioni chiave, McCarthy rimaneva lontano dalla soglia di voti necessari per essere eletto.
La svolta, nella quarta giornata di votazioni, a notte fonda. McCarthy si è presentato alla quattordicesima votazione, sicuro di avere i voti sufficienti, ma è caduto ancora una volta.
Mentre la Camera si apprestava ad aggiornarsi fino al lunedì successivo e in Aula si sfiorava lo scontro fisico tra alcuni deputati repubblicani, sembra sia stata decisiva una telefonata di Trump, che avrebbe convinto gli ultimi irriducibili a dare il via libera a McCarthy.
La Camera ha ora il suo 55esimo speaker e si è insediata pienamente, ma con una maggioranza così divisa, i Repubblicani nelle prossime settimane e mesi saranno probabilmente più impegnati a regolare i conti al loro interno, che a fare opposizione alla Casa Bianca di Joe Biden.
La corrispondenza da Washington di Marco Liconti (LA PRESSE)