Anche oggi bombardamenti, nell'est dell'Ucraina. Terre martoriate, ostaggio da anni di un conflitto a “bassa intensità”, che periodicamente si riaccende; ma con il rischio, questa volta, di innescare uno scontro su vasta scala. L'assenza di fonti indipendenti non permette di avere un quadro delle responsabilità.
Kiev parla di 60 violazioni del cessate il fuoco, da parte delle milizie filorusse, nelle ultime 24 ore; con il ferimento di un soldato. Mentre i separatisti puntano il dito contro i governativi, definendo una “farsa” e una “provocazione” l'attacco all'asilo; e accusano l'esercito ucraino di colpire con i mortai anche aree residenziali. La TV russa ha mostrato le immagini di una donna che sarebbe rimasta ferita mentre tornava dal lavoro. “Molto preoccupante” ciò che sta avvenendo nel Donbass, afferma il Cremlino; che al contempo sottolinea come stia proseguendo il disimpegno di forze militari dalla Crimea.
Ma per il Governo di Kiev è un bluff; hanno raggiunto la soglia delle 149.000 unità – è stato detto – i soldati russi, ai confini. Crisi caratterizzata soprattutto da forti frizioni tra Washington e Mosca. Muro contro muro, ieri, al Consiglio di Sicurezza ONU. Via diplomatica sempre più difficile da percorrere; anche perché le garanzie sollecitate dalla Russia – e messo nero su bianco, in una dura lettera di risposta agli USA – includono anche un ritorno delle capacità militari, e delle strutture NATO, allo status del 1997.
Richieste oggettivamente irricevibili per gli Stati Uniti, e ritenute forse da Mosca una base negoziale; anche se il dialogo stenta a decollare. Non contribuiscono certo ad una distensione i continui allarmi, provenienti da oltreoceano, circa un'imminente invasione; e neppure l'annuncio – oggi -, da parte di Mosca, di manovre delle proprie forze di deterrenza strategica, con il lancio di missili balistici e da crociera. Fissato per la prossima settimana un summit virtualedel G7; così come un incontro fra Blinken e Lavrov. Oggi invece la Conferenza di Monaco sulla Sicurezza; in serata la videocall – per fare il punto della crisi – fra Biden, i vertici dell'UE e della NATO, e alcuni leader europei, fra i quali l'italiano Draghi.