Nell'arco di poche settimane si è assistito ad un cambio di paradigma, sui campi di battaglia; grazie alla sagacia dei vertici militari ucraini. Supportati con ogni probabilità dall'Intelligence di Paesi NATO, sono riusciti a mettere pienamente a frutto la superiorità numerica delle proprie truppe, e i sistemi d'arma forniti dall'Occidente. E quello che era un conflitto d'attrito, si è tramutato in una imprevedibile guerra di movimento, con l'iniziativa saldamente in mano a Kiev. Dopo i rovesci subiti nella regione di Kharkiv, ed il ritiro da Lyman, le forze del Cremlino non sono ancora in grado di stabilizzare il fronte ad est. Mentre a centinaia di chilometri di distanza si è improvvisamente “riattivata” l'offensiva ucraina su Kherson. Travolte le difese lungo la sponda occidentale del Dnepr; e l'avanzata continua. Sviluppi militari che pesano sul senso di frustrazione che aleggia sul Cremlino. Pare si sia rivelato nullo, infatti, l'effetto di deterrenza delle annessioni: approvate peraltro in queste ore dalla Duma.
Forti turbolenze, a Mosca; critiche aspre alla gestione della campagna militare, per di più provenienti da personaggi influenti come Yevgeny Prigozhin. O il leader ceceno Kadyrov, che ha annunciato l'arrivo in prima linea dei suoi 3 figli minorenni – mostrando un video dell'addestramento -; e che nelle scorse ore aveva invocato l'utilizzo di atomiche tattiche. Richiesta definita “emotiva”. dal portavoce di Putin. “L'uso delle armi nucleari da parte della Russia – ha aggiunto - è possibile solo in accordo con la sua dottrina”. Interessante, sul punto, un'analisi del discorso di Putin del 21 settembre; quando aveva dichiarato come non fosse “un bluff” la promessa di utilizzare tutti i mezzi di distruzione a disposizione, in caso di minaccia all'integrità del Paese. Ma questa frase – ripresa da tutti i media internazionali –, sarebbe stata in realtà rivolta ad “alcuni alti rappresentanti” di Paesi NATO, che avevano parlato – così almeno ha detto Putin - della possibilità di utilizzare armi nucleari contro la Russia. Se questa interpretazione fosse corretta, non vi sarebbe minaccia esplicita di un “first strike”. “In questo momento – ha dichiarato dal canto suo il capo del Pentagono Loyd Austin - non vedo nulla che mi faccia credere che abbia già preso una decisione del genere”. L'impressione tuttavia è che sia in atto una sorta di resa dei conti al Cremlino; e inquieta la forte assertività dell'ala più oltranzista.