Sulle dinamiche della crisi ucraina ha evidentemente ribadito ciò che pensa, Berlusconi; sciogliendo ogni possibile dubbio esegetico. Di prammatica la bagarre politica interna; e la dura presa di posizione di Kiev, contro l'ex Premier. Che pare in un qualche modo aver dato voce alla stanchezza emotiva di una parte significativa degli italiani. Il rischio di un'eventuale frammentazione del fronte europeo è ciò che forse più preoccupa la NATO. Da qui la premura, di Stoltenberg, nel dirsi certo dell'impegno di Roma a sostegno di Kiev. Nell'incontro formato Ramstein di domani si affronterà probabilmente la questione dell'invio di caccia. Ma per il Segretario dell'Alleanza Atlantica è ora fondamentale la rapidità nel fornire aiuti; innanzitutto munizioni, visto l'enorme consumo. “Molte volte superiore al nostro attuale tasso di produzione”, ha rivelato. Sollecitati allora investimenti; a testimonianza di un coinvolgimento sempre maggiore in questo conflitto.
Caratterizzato da alcune settimane da una crescente pressione russa nel Donbass; e una strategia di logoramento alla lunga difficilmente sostenibile per le forze ucraine. Sempre più vicina all'accerchiamento operativo Bakhmut. Stiamo “già vedendo” l'inizio di una nuova offensiva, ha avvertito Stoltenberg. Da qui la consueta ricetta: più armi a Kiev, e più velocemente. Praticamente azzerate le possibilità di una tregua. Anche perché l'unico mediatore rivelatosi incisivo, ha ora lo sguardo rivolto altrove. Nel mirino delle Opposizioni, Erdogan, dopo il devastante sisma del 6 febbraio. All'accusa di non aver fatto rispettare i regolamenti edilizi ha replicato con una raffica di arresti. Ma tutto ciò ha poca importanza di fronte a ciò che resta dell'Anatolia sud-orientale.
I morti si contano a decine di migliaia, mentre si continua a scavare tra le macerie. Con salvataggi – specie di bambini - che sembrano sfidare le indicazioni della scienza sul tasso di sopravvivenza in situazioni simili. Per chi è scampato alla catastrofe una quotidianità di stenti. Ma è il bilancio delle vittime che spaventa; con l'enorme incognita della Siria, dove le notizie stentano a filtrare, e la macchina dei soccorsi è frenata dall'embargo voluto dall'Occidente. Uno dei tanti risvolti geopolitici di questa tragedia; che potrebbe rallentare l'ascesa della Turchia - media potenza con velleità imperiali –, e segnare il destino politico di Erdogan; con le elezioni ormai in vista.