In queste ore è stato il Ministro ucraino Reznikov, in un qualche modo, a fare emergere il timore che agita i decisori di Kiev. “Una delle minacce maggiori dopo i russi – ha dichiarato - è la 'sindrome da fatica' nei Paesi europei”. Il rischio insomma che l'appoggio garantito fino ad ora, sia prima o poi messo in discussione; di fronte alla prospettiva di un conflitto di durata indefinita, e ad esigenze sempre più pressanti del Paese aggredito. Un simile strategico pare animare il dibattito anche in seno allo “stato profondo” americano. Anche perché l'autentico rivale strategico della superpotenza resta la Cina. Costante la pressione di Washington: dalla vicenda dei palloni spia, alle speculazioni sull'origine della pandemia da Covid; fino alla ventilata possibilità che la Repubblica Popolare possa inviare aiuti letali a Mosca. Secondo il Direttore della CIA non sarebbe stata ancora presa una decisione. Pietra tombale, invece, da parte di Biden, sul piano di de-escalation presentato da Pechino. Che pareva evidentemente determinata, dopo mesi di torpore, a ritagliarsi un ruolo centrale in questo dossier. Ma l'iniziativa avrebbe rischiato di creare faglie in Europa; da qui il secco “no” di Washington, cui si è rapidamente allineato l'intero fronte occidentale. Espunta anche questa possibilità, resta l'abissale distanza tra i belligeranti sui termini di un negoziato. Mai così improbabile. Il consigliere presidenziale ucraino Podolyak sottolinea la volontà di liberare l'intero territorio; inclusa la Crimea, che a suo avviso non potrà essere trattata in modo separato ad un eventuale tavolo.
Mosca ribadisce invece come la penisola sia “parte integrante della Russia”. Al Cremlino, del resto, pare rafforzarsi la convinzione che il tempo sia ormai un alleato, dopo avere imposto nel Donbass la strategia del logoramento. Drammatico il livello di devastazione a Bakhmut. Kiev parla di 4-500 morti al giorno, tra le fila del nemico; evitando tuttavia di indicare il rateo di perdite delle proprie forze. Gli ultimi report davano le truppe russe ormai in vista del centro. Voci non confermate, però, di un contrattacco ucraino nella zona nord. Si vedrà in seguito se eventualmente si tratti di un tentativo di rompere l'assedio, o piuttosto una mossa diversiva; magari per favorire un disimpegno ordinato, da un fronte che potrebbe rivelarsi una trappola. Situazione molto difficile, insomma. E fa rumore la destituzione - da parte di Zelensky - del comandante delle forze militari congiunte nel Donbass.