Di certo non un monolite il “deep state” americano sul dossier Ucraina. Inviti alla prudenza, specie da ambienti del Pentagono. Ma è la strategia per così dire della “escalation controllata” quella prevalente. Testare le “linee rosse” tracciate dal Cremlino; per poi oltrepassarle, ogniqualvolta si palesi il rischio di un cedimento delle forze ucraine. Copione che si ripete, con l'ufficializzazione del nuovo invio di armi da oltre 2 miliardi di dollari. Comprende anche i razzi bomba con raggio operativo di 150 chilometri. Potenziali “game changer”, in quanto in grado di portare il caos nella già farraginosa logistica russa. Per la consegna si parla però di 9 mesi, secondo indiscrezioni. Nessuna fretta, insomma, da parte di Washington.
Un conflitto di lunga durata, peraltro – ad avviso di vari analisti -, consentirebbe alla superpotenza di incassare un enorme dividendo geopolitico: la definitiva cesura di ogni legame – innanzitutto energetico - tra Mosca e il Vecchio Continente. Le Istituzioni UE, dal canto loro, sembrano non avere dubbi: dopo l'ok definitivo ai massimali di prezzo sui derivati del petrolio russo, von der Leyen ha annunciato come si punti ad un decimo pacchetto di sanzioni entro il 24 febbraio. Ma nella strategia occidentale di massima pressione non mancano variabili; come una “fuga in avanti” del Paese aggredito, che legittimamente punta alla liberazione di ogni centimetro di territorio, inclusa la Crimea. Medvedev ha richiamato oggi la dottrina nucleare russa; il rischio è che questa volta non si tratti di una semplice sparata, ma che davvero al Cremlino si consideri l'attacco alla penisola un punto di non ritorno. Ipotesi solo teorica, al momento.
Da settimane l'iniziativa è in mano ai russi; che starebbero inoltre accumulando forze per una possibile offensiva dal Luhansk. Tutto ciò mentre si stringe ogni giorno di più la tenaglia intorno a ciò che resta Bakhmut, con perdite spaventose da ambo le parti. Da oltreoceano si guarda intanto con attenzione all'evoluzione dei rapporti tra Pechino e Mosca; con la possibilità che quest'ultima, pur da posizione ancillare, possa fare massa critica con il principale rivale strategico degli Stati Uniti. Da qui il clamore suscitato da un articolo del Wall Street Journal, che analizzando dati doganali ha riportato come la Cina stia fornendo alla Russia tecnologia a sostegno dello sforzo bellico.