Continuare a sostenere gli sforzi internazionali per trovare una soluzione pacifica che ponga fine ai conflitti e alle divisioni in Yemen. Lo ha ribadito lo Sceicco di Dubai, Mohamed al Maktoum, durante il suo discorso alla nazione, il 2 dicembre, quarantanovesimo anniversario della nascita degli Emirati Arabi Uniti. L'annuncio arriva all'indomani di una nuova ondata di violenza nel martoriato Yemen, proprio intorno alla città portuale di Hodeida dove era in vigore una tregua, raggiunta con fatica grazie all’Accordo di Stoccolma del dicembre 2018. I ribelli Houti, gruppo sostenuto dall'Iran, hanno attaccato la zona di al-Durahymi dove sono morti 28 civili, tra i quali 6 bimbi. Un “massacro”, lo hanno definito le Nazioni Unite, "un attentato contro donne e bambini, inaccettabile e ingiustificabile”. Proprio in questi giorni il Ministro di Stato agli Esteri emiratino, Anwar Gargash, intervenendo al Med-Forum 2020, ha annunciato che gli Emirati stanno uscendo dalla guerra in Yemen e che sostengono il dialogo interno tra le parti. "La situazione è molto difficile - ha dichiarato Gargash -. Non abbiamo centrato i nostri obiettivi, ma ora la soluzione è nelle sole mani degli yemeniti che devono usare il loro tempo per trovare un accordo".
L'Arabia Saudita, a guida della colazione araba della quale sono parte anche gli Emirati, ha fatto tutto il possibile, ha aggiunto il ministro, ma "noi ora siamo per una soluzione politica”. Intanto anche il presidente yemenita Rabbo Mansour Hadi, riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dalla coalizione araba, ha annunciato di voler proseguire il percorso politico e l'attuazione dell’accordo di Riad, intesa siglata il 5 novembre 2019 dal governo e dai gruppi separatisti del Sud, altro fronte di scontri nel Paese, con l'obiettivo di formare un nuovo governo che rappresenti tutte le parti, per cercare di ricompattare lo Yemen, riconsolidare le istituzioni e fermare dunque l’Iran, che agisce attraverso i ribelli Houti. La guerra civile, definita dall'Onu la peggiore crisi umanitaria in corso nel mondo, è iniziata il 19 marzo 2015 e prosegue ormai da quasi sei anni: solo nel 2019, secondo i dati di Amnesty International, ha causato oltre 3000 decessi diretti, mentre 24 milioni di persone dipendono attualmente dagli aiuti umanitari.
Elisabetta Norzi